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giovedì 17 dicembre 2020

Dipartimento Filosofia delle Religioni dell'Università di Bucarest - intervista a Massimo Giusio

Dipartimento Filosofia delle Religioni dell'Università di Bucarest 

intervista a Massimo Giusio 

dott. prof. mons. Massimo Giusio

Il professor Tudor Petcu, del Dipartimento di Filosofia delle religioni dell'Università di Bucarest, ha avviato una ricerca sulla Chiesa Ortodossa Italiana e ha richiesto, su questo tema, un'intervista molto articolata al dott. prof. mons. Massimo Giusio,  Vice-Rettore e Preside della Facoltà di Teologia della nostra Università Ortodossa San Giovanni Crisostomo. L'intervista verrà pubblicata, tradotta in inglese e rumeno, sul portale dell'Università. Il prof. Giusio ha accettato volentieri, anche al fine di avviare una collaborazione strutturata tra le nostre strutture di formazione e l'Università di Bucarest. .



Le chiederei inanzitutto di dirmi quale è la ragione per la quale Lei si è convertito all'Ortodossia. Come ha incontrato l'Ortodossia e come si spiega la sua scelta di diventare ortodosso?

Come direbbe Lukacs, che trae però l'espressione da Stendhal, fu proprio “un colpo di pistola in un concerto”. Ero cristiano da sempre, e qualche interesse per la spiritualità orientale l'avevo già, tratta dai libri del cardinale Spidlik che amavo moltissimo. Ma la vera folgorazione fu un incontro, come avviene spesso. Tenevo, fresco di studi, un ciclo di conferenze a Torino, presso l'Università Unitrè, sulle “Prove dell'esistenza di Dio nella storia del pensiero”. Dieci lezioni. Da Aristotele, Anselmo, Cartesio e Kant, Schleiermacher, Hegel, fino a Bontadini. Un pomeriggio di novembre. Ero giovanissimo, il corso era seguìto, ero felice e mi impegnavo molto, ma avevo notato un signore, con la barba e sempre vestito di nero, ma non in abito talare, che faceva sempre domande, ed erano tutte intelligentissime. Dopo una lezione, mi chiese di parlarmi. Voleva sapere cosa ne pensassi delle critiche di Geach e Kenny alle prove ontologiche, cosmologiche e teleologiche delle “cinque vie” di Tommaso. Per me era materia incandescente, terreno di dibattito persino tra i neotomisti, che conoscevo bene, ma lui non era da meno. Finimmo in pizzeria, e poi in birreria, e facemmo mezzanotte. Scoprii che era un vescovo ortodosso, si chiamava Adeodato Mancini, Padre Adeodato per tutti. Era stato uno dei seguaci veneti di De Rosso, lui era originario di Venezia, ed aveva ottenuto l'episcopato Assiro-Caldeo, ma già allora l'idea era di una Chiesa Ortodossa nazionale, tutta italiana, del tutto priva di relazioni gerarchizzate con i grandi Patriarcati. L'avevo capito subito, che non era uno studente, o un ricercatore. Aveva una notevole profondità teologica, ma mi colpì, soprattutto, per un altro motivo. A mezzanotte, mi regalò una bella edizione della Filocalia, e mi chiese di fargli sapere cosa ne pensassi. Poi, mi disse che sarebbe andato a fare “gli spaghetti coi barboni”. Cosa significava? Gli chiesi di accompagnarlo. Aveva un vecchio camper sgamgherato, e nel cuore della notte, si recava dai senza fissa dimora, in due o tre luoghi torinesi, e cucinava un piatto di spaghetti. Per tutti. Sorrisi e una felicità mai vista. Negli occhi di quelle persone trovai una strada senza più remore. Un mito. Rimasi per tanti anni come suo collaboratore, divorai una serie di libri di mistici e teologi ortodossi russi, greci, rumeni. E poi “La spiritualità dei cristiani d'oriente”, sempre di Spidlik. La conversione arrivò poche settimane dopo. Convinta, sicura. Forse i libri, gli approfondimenti teologici, ma soprattutto il suo esempio. Da allora, non ho più avuto dubbi: avevo fatto la scelta giusta. Due anni dopo, il diaconato. E poi , nel 2015, il corepiscopato.

Sarei molto interessato a scoprire come percepisce Lei l'Italia nella sua prospettiva ortodossa.

Da questo punto di vista le confesso che sono molto preoccupato. La Chiesa Ortodossa Italiana si è riorganizzata nel 2015. Abbiamo una sessantina di appartenenti al clero, migliaia di fedeli o di persone curiose che si avvicinano a noi, una sede a Roma ed una Università Ortodossa, e questo mi rende contento del lavoro che abbiamo iniziato a fare. Ma il panorama generale non è dei migliori: la scristianizzazione e la relativizzazione, la banalizzazione dei valori e delle tradizioni cristiane sono un fenomeno visibile. I fedeli cattolici - e pensi che il 95 % degli italiani è battezzato - che frequentano la Chiesa ed i sacramenti non superano il 15 per cento. I giovani sono disorientati, c'è molta confusione, una crescente indifferenza per il tesoro di patrimoni culturali, artistici e simbolici della Cristianità. Le ansie e le divisioni interne con questo pontificato si percepiscono anche all'interno delle parrocchie, le crisi delle vocazioni, la tendenziale sfiducia relazionale e disumanizzante tra le persone è stata acutizzata dalla pandemia. Io, che sono un sincero cultore del dialogo ecumenico, talvolta mi sento in difficoltà. Si avverte una debolezza nel magistero, nella capacità di insegnamento. reale, del substrato assoluto e valoriale della nostra eredità millenaria. Ed in questo la proposta di fede e la spiritualità ortodossa hanno molte carte da spendere, e lo testimoniano i tantissimi rumeni in Italia che affollano le chiese da noi. Certe affermazioni di Papa Francesco sono lodevoli nell'intenzione, ma si prestano a molte ambiguità interpretative, perché stridono con la realtà e la sostenibilità. Molti si avvicinano a noi proprio per questa situazione di disagio, di mancanza di guida, di incertezza morale. Ma la cosa, Le assicuro, non mi fa piacere. Tra cattolici e ortodossi il dialogo deve essere continuo, e proficuo. La realtà spirituale e morale italiana, comunque, non è lusinghiera né positiva. Lo si avverte anche dalla sensibilità decrescente verso i simboli cristiani: crocefisso, Natale, liturgia. Si avverte incertezza, incapacità di dare unità di senso alla vita. Crescono i suicidi, anche tra i giovanissimi, acutizzati dalla crisi economica. Se la vita non ha senso, tutto diventa possibile. La Cristianità non può essere solo mutua assistenza, o il gestire ONLUS o patrimoni immobiliari sterminati. Per questo spesso assumiamo posizioni radicali, ma sempre con rispetto dell'identità cattolica. Ho tantissimi amici vescovi e preti cattolici. Le confesso che anche molti di loro, filosoficamente e teologicamente ben preparati, nutrono le medesime preoccupazioni.

Ora le chiedo di presentarmi in dettaglio gli argomenti secondo cui l'Ortodossia in Italia esiste fin dal tempo degli Apostoli. A partire da questa affermazione si può dedurre logicamente che anche San Pietro, il primo capo della Chiesa Universale, è stato di fatto ortodosso?

Mi permetta di farle una premessa. Dire che esista una “Ortodossia” e da quando abbia iniziato ad esistere in Italia, stabilendo uno spartiacque cronologico netto, rischia di essere un problema aporetico che trasmoda nel mero feticismo nominalistico. Dipende da cosa intendiamo con questa locuzione. Se lo intendiamo in senso etimologico e germinale, la “retta fede” (ma in realtà come lei ben sa, l'utilizzo del termine doxa nella storia della filosofia fino al III secolo apre scenari ben più ampi e delicati), intesa come convinzione soggettiva, è evidente che fosse presente in nuce, e necessariamente dopo la Pentecoste, in tutti gli Apostoli, ma sull'interpretazione così anfibologica della frase di Gesù, quella del “Tu es Petrus” e del “su questa Pietra”, si potrebbero scrivere dieci libri, e mi dilungherei troppo. Il termine “Ortodossia”, nell'uso comune ed ecclesiologico di caratterizzazione orientale separata dalla tradizione latina, invece, come Lei certamente sa, nasce solo intorno al X – XI secolo, dopo le polemiche di Fozio del secolo precedente, il Filioque, e le doppie scomuniche costantinopolitane del 1054. Veniamo al merito della sua domanda. L'ortodossia intesa, quindi, come realtà di professione della retta fede cristiana, quindi come concetto dottrinale e teologico, appare evidentemente in tutti gli Apostoli, ed anche in Pietro. Ed appartiene ad essi sul piano reale, sin dalla discesa dello Spirito Santo. Qua si potrebbe porre piuttosto un delicato problema, ma anch'esso richiederebbe fiumi di inchiostro, sulla più aggiornata analisi della vera vocazione universalistica della posizione petrina, alla luce delle considerazioni sui “non circoncisi” negli Atti degli Apostoli, su cui si sono appassionati perfino Bultmann o Kung, ma entriamo nella storia della teologia e nella patristica. Con esiti che spesso sono stati divisivi, e contrari ad un sano spirito ecumenico. E non sarebbe più un'intervista, ma una tediosa elaborazione ermeneutica.

Per quanto conosco, la Chiesa Ortodossa Italiana nasce dall'aspirazione a creare una realtà nazionale, indipendente da giurisdizioni straniere e guidata solo da italiani. Perciò le sarei grato se potesse dirmi quale è l'unicità dell'Ortodossia italiana nel mondo delle chiese ortodosse storiche e quali prospettive di sviluppo ci sono per l'Ortodossia italiana nel prossimo futuro.

Le riepilogo la genesi storica della nostra Chiesa. I seguaci di Antonio De Rosso, nel 2010, erano rimasti in pochissimi. Nel 2014, acquistammo la disponibilità di un bellissimo Monastero in Piemonte, in provincia di Cuneo. Quello fu una sorta di laboratorio teologico e pastorale, il primo germe di una realtà che esisteva dal 1977, ma andava aggiornata e rimodellata. Decidemmo le liturgie utilizzabili: Crisostomo, ma anche il rito gallicano, e San Colombano. Affinammo le nostre linee organizzative, il modo possibile di diffonderci in tutte le regioni italiane e, dopo la morte del compianto padre Adeodato e, purtroppo, del suo delfino padre Antonio Settineri, appena cinquantenne, anche per onorare la loro memoria facemmo il grande passo. Ripartimmo da Roma e dal Piemonte, e dal 2017 fondammo con monsignor Filippo Ortenzi l'Università di San Giovanni Crisostomo, con sede a Roma, e l'Accademia di formazione di San Nicodemo, per la preparazione di diaconi, monaci e sacerdoti. Oggi abbiamo cinque vescovi, docenti preparati e molti studenti che si avvicinano a noi. La strada è ancora lunghissima, ma un bel pezzo di cammino è stato avviato. Veniamo alla seconda questione. Le prospettive di sviluppo in Italia di una Chiesa nazionale, ma ortodossa, sono moltissime. Le dico le principali. Anzitutto, la grande necessità di ricomposizione morale e spirituale nel segno della Tradizione, di cui tantissimi cristiani in Italia avvertono la crescente riduzione, Da noi arrivano molti ferventi cattolici o ex religiosi, pensi che il nostro vescovo di Alessandria e Genova, monsignor Giovanni Ferrando, teologo preparato, è stato parroco cattolico per quarantacinque anni. A chi obietta che ciò può implicare l'ospitare dei “delusi”, ribattiamo che non vi è alcuna competizione, o concorrenzialità, tra proposte di fede. Basta che la gente si avvicini al Pastore: non conta null'altro, di sostanziale. Molti si avvicinano, poi, per i motivi più disparati ed in qualche caso anche per i cosiddetti “casi personali”: divorziati, ex preti che si sono sposati, assonanze simboliche, amore per l'arte e le icone, fascino per la liturgia orientale, ma soprattutto nuovo desiderio di preghiera e di slancio mistico originario. E tanti altri motivi. Il secondo ordine di osservazioni è la specificità dell'Italia: qui ha dominato, per due millenni, la presenza della Chiesa di Roma, senza un contraltare spirituale alternativo, cristiano e tradizionale, come quello orientale, se non nelle frange uniate. E con una tendenziale ostilità, come spiego nel dettaglio nel mio manuale sulla libertà religiosa in Italia del 2018, verso ogni altra forma religiosa organizzata. Ma col limite oggettivo di coinvolgere rispetto ad altre forme religiose, nella proposta di specificità spirituale e liturgica, quasi solo cittadini stranieri. La questione di fondo, di De Rosso e nostra, era e rimane: perché non far conoscere e comprendere sempre più, ora che la “terza secolarizzazione” rende davvero libere e più autentiche le scelte di fede, la proposta cristiana ortodossa agli italiani, con gli adattamenti specifici al carattere nazionale,ma nel grembo straordinario della spiritualità e della ricerca della theosis, dopo secoli in cui ciò, per tanti motivi, è stato possibile così poco? Mi creda. I risultati dei primi anni sono davvero positivi, e val la pena di continuare.

Possiamo dire dal suo punto di vista che l'Italia cristiana del primo millennio ha più punti in comune con i paesi ortodossi, di ieri e di oggi, di quanti ne abbia con l'Italia cattolica contemporanea?

Su questo tema credo che Lei abbia in larga misura molte buone ragioni. Senza scomodare Heidegger o Severino, va rilevato che il tempo della egemonia della Tecnica, dello svuotare - col “pensiero calcolatore” globalista - i serbatoi antichi della cultura e delle identità tradizionali, lascia sensi di vuoto sempre più tremendi, smonta ogni elemento generativo di senso, inquieta sempre di più la sensibilità di tante, tantissime persone. Cristiane e non. Ritrovare rigore, semplicità, desiderio di significati profondi della vita lo ho definito, in uno dei miei libri, un “desiderio originario”. Proprio quello che animò tutta la Cristianità alle sue radici, come giustamente osserva Lei, fino alla netta separazione che, secondo me, avviene molto prima dello Scisma del 1054, a partire dal VII secolo. Da allora, Roma diventa l'unico ordine possibile in una Europa sconvolta, invasa e con guerre continue, e ne guida la riorganizzazione, creando una Autorità forte, che ha molti meriti storici ma crea ineluttabilmente quella che io definisco una “teologia del potere”, gerarchico-autoritaria, ancillare, sostitutiva ed inquisitoriale poi, del potere temporale. La divaricazione, invece, ad Est provoca effetti spiritualmente positivi in linea con le radici dei primi secoli. Nel mondo orientale, la sfera religiosa, forte di autorità centrali autonome e ben radicate (dall'impero bizantino, fino agli Zar) non ha bisogno di diventare potere terreno, e si concentra, mirabilmente, sull'esperienza interiore, la mistica, la liturgia, la forza invincibile, nazionale e popolare, dello spirito e del senso religioso delle origini. Persino Stalin, in una notte ormai celebre, convoca dopo vent'anni di persecuzione i vescovi ortodossi, si umilia e chiede il loro sostegno per affrontare la guerra. E' la vittoria più grande e memorabile dell'Ortodossia, e di Cristo. La proposta della spiritualità ortodossa, nella confusione e nell’angoscia contemporanea di cui già Gide o Foucault avvertivano i prodromi, è sempre più efficace, sia per la riscoperta e la riconfigurazione della vita interiore, sia nei rapporti tra gli individui, nei modelli sociali, nella ricerca presente in ogni essere umano di stabilità, di necessarietà di un ordine superiore che trascenda le stagioni mutevoli, le angosce e le inquietudini del nostro tempo e che attenui semplificazioni, banalità, relativismi esistenziali, superficialità valoriali.

Il Metropolita Antonio de Rosso è riuscito a rimettere in piedi l'Ortodossia italiana, in altre parole, una Chiesa Ortodossa saldamente radicata nel patrimonio e nella cultura cristiana d'Italia. Mi interesserebbe, però, sapere di quali altri rappresentanti importanti dell'Ortodossia italiana possiamo discutere?

Oggi, dopo la breve parentesi di Alessandro Meluzzi, che ha scelto percorsi diversi ed è assai impegnato in tante altre attività, il più instancabile rappresentante della Chiesa Ortodossa Italiana - considerando che io, purtroppo, sono ancora molto impegnato con altre attività di lavoro, insegnamento e ricerca e non posso lavorare per la Chiesa a tempo pieno, come è invece necessario - è sicuramente monsignor Filippo Ortenzi, nostro Metropolita, che ha la sede a Roma, in via Appia Nuova. In pochi anni, ha realizzato un lavoro enorme, utilizzando molto anche i social ed i mezzi digitali, ed i risultati si vedono. Sul piano teologico, oltre a chi le scrive ci sono molti altri importanti rappresentanti: c'è monsignor Giovanni Ferrando, in Piemonte, mentre al Sud c'è padre Gianni De Paola, ed abbiamo molte ramificazioni anche in Sicilia. A Ventimiglia abbiamo un vescovo di origini francesi, monsignor Marty. Potrei citarle ancora, quali altri importanti esponenti della COI, padre Alberto Crudo (Presidente Banco Alimentare "Regina Pacis" di Viterbo n.d.r.), padre Nilo, padre Stefano Capponi e monsignor Antonio Berardo, e molti altri. La Chiesa è presente, coi suoi organigrammi, in ben quindici regioni italiane, su venti. 

Potremmo parlare oggi di un certo ruolo della sua Chiesa nella società italiana? Dall'altra parte, come fanno gli italiani a riferirsi alla sua chiesa quando la scoprono?

Le modalità di raccordo con i fedeli, o i curiosi che si avvicinano a noi, sono moltissime. C’ è il “passaparola” tra le persone, i gruppi, i fedeli. La grande maggioranza, del resto è la legge dei grandi numeri, è quella che ci contatta via Internet, sui gruppi Facebook, sulle pagine di teologia ortodossa, o sulle trasmissioni televisive. Le faccio un esempio numerico: sulla pagina FB, solo dal 5 dicembre ad oggi abbiamo avuto 5.038 contatti, ed una cinquantina di messaggi di adesione, richieste, informazioni. Più o meno, abbiamo una decina di adesioni alla settimana, che vengono indirizzate ai singoli responsabili territoriali. Sulla parte relativa alla funzione della Chiesa, parlare di “ruolo nella società” è un poco imbarazzante. Siamo tutte persone, fortunatamente, umili e abbastanza semplici, viviamo del nostro lavoro, c'è chi insegna, chi lavora in fabbrica, chi fa l'avvocato, o il medico. Siamo umili, e vogliamo restarlo. Il nostro ruolo deve essere altrettanto semplice, anche se fermo nei valori di fondo e nei presupposti pastorali: una proposta cristiana diversa, alternativa, una richiesta di approfondimento della propria vita interiore, della riconsiderazione, della stimolazione, o dell'arricchimento, della fede, per chi ce l'ha. O una proposta, ancora più radicale, di incontro e di dialogo per chi non ce l'ha, ma cerca un senso alla propria esistenza. Che non può essere, per definizione, potremmo dire, “ontologicamente” priva di senso. Tutto lì. Certamente la nostra crescita non ci ha fatti cambiare, o diventare più ambiziosi. Il ruolo in una società dipende dalla potenza del messaggio, e della sua astrazione dalla banalità crescente. Indipendentemente dalla nostra specifica Chiesa, sono i valori ortodossi che hanno un ruolo importante, sempre di più, nel vivere sociale. Il nostro compito è, con modestia, con i pochi mezzi a disposizione ma con impegno sincero, di trasmetterli per quanto possiamo, come una eredità antica ma sempre viva di continuità con il passato ma decisiva per il futuro di ogni persona. Spero di non essere stato prolisso, ma le sue domande, assai stimolanti, meritavano una trattazione adeguata e, spero, completa. La ringrazio tanto per l'attenzione che ci ha dato.


Elementi di Teologia Ortodossa

ultimo libro scritto da Massimo Giusio 

editato da Arturo Bascetta Editore


domenica 13 dicembre 2020

Santa e Gloriosa Martire Lucia da Siracusa

 

Santa e Gloriosa Martire Lucia da Siracusa

Il 13 dicembre non è ricordato per il fatto che nel 1294 papa Celestino V (Pietro da Marrone), dopo appena 4 mesi di regno, rinunciò al papato dando l’ispirazione al sommo poeta Dante Alighieri di citarlo nel III Canto dell’Inferno: “vidi e conobbi l’ombra di colui che per viltade fece il gran rifiuto”, dove lo mise nell’Antinferno (Limbo) tra gli ignavi, cioè coloro che vissero “senza infamia e senza lodo”. Pur essendo un personaggio storico noto, pochi ricordano che questa è anche la data della morte di uno dei più grandi imperatori Federico Ruggero di Hoenstaufen, nato (Jesi -AN) e morto in Italia (a Fiorentino di Puglia FG), noto come Federico II, Imperatore del Sacro Romano Impero, duca di Svevia, Re di Germania, Re di Sicilia e Re di Gerusalemme conosciuto con l’appellativo di “Stupor mundi”. In Sardegna in questo giorno viene fatta memoria dsant’Antioco di Sulcis, un santo medico originario della Mauretania (attuale Marocco), arrestato in Galazia (regione storica dell’Anatolia abitata dal popolo celtico dei Galati) per il suo apostolato cristiano e condannato a lavorare nelle miniere di piombo del Sulcis (note come plumbaria) dove morì nel 127 dopo aver diffuso la fede tra prigionieri e carcerieri dell’Isola. No, nell’immaginario popolare questo è il giorno di Santa Luciauna giovane martire cristiana morta nel 304 a Siracusa, vittima della “grande persecuzione” scatenata dall’imperatore Diocleziano, conosciuta universalmente come protettrice della vista (per il fatto che Lucia viene dal latino lux = luce) e per il detto popolare “Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia”, detto indubbiamente carino, che fa rima, ma falso perché il giorno più corto è il 21 dicembre che coincide col solstizio d’inverno. Figlia di una nobile famiglia cristiana di  Siracusæ (Siracusa) per la sua fede e l’intercessione di sant’Agata, la santa e gloriosa martire e diaconessa di Catania, ottenne la guarigione miracolosa della madre Eutychie affetta da incurabili emorragie. Dopo aver donato tutti suoi beni ai poveri si dedicò alla cura dei bisognosi, delle vedove e degli infermi, consacrando la sua vita al Signore e rifiutando il matrimonio combinato dal padre con un giovane pagano del luogo. Quest’ultimo, offeso per il rifiuto la denunciò come cristiana. Condotta di fronte al Prefetto romano del luogo (un certo Pascasio) ed invitata a sacrificare agli dei pagani pena la tortura o essere segregata in un postribolo, la santa rifiutò asserendo: “il corpo si contamina solo se l’anima acconsente”. Per giustificare la propria obiezione di coscienza contro l’ordine di sacrificare agli dei, Lucia citò l’epistola dell’apostolo Giacomo: “Sacrificio puro presso Dio è soccorrere i poveri, gli orfani e le vedove. Per tre anni ho offerto tutto al mio Dio. Ora non ho più nulla, e offro me stessa(1). Morì martire nell’anno 304, all’età di 21 anni, per sgozzamento (“jagulatio”) o, secondo altre fonti, decapitazione profetando la caduta di Diocleziano (si dimise da imperatore l’anno successivo) e il trionfo della fede cristiana (9 anni dopo con il Rescritto di tolleranza o Editto di Milano di Costantino e Licinio, il cristianesimo, fino allora perseguitato fu prima tollerato e poi divenne la religione ufficiale dell’Impero). La maggior parte degli storici ecclesiastici considera invece una leggenda quella che alla santa abbiano cavato gli occhi, sembra sia nata nell’ambito della religiosità popolare cattolica nel XV secolo, ottenendo un successo enorme tanto che nell’iconografia la santa viene raffigurata con un piatto con sopra due occhi, il giglio e la palmaNel 1.039 il corpo della santa fu portato a Costantinopoli-Nuova Roma dallo strategos e catapano Giorgio Maniakes per impedire che cadesse nelle mani saracene e, dopo il sacco di Costantinopoli effettuato dai crociati cattolici nel 1204 e che pose fine al millenario Impero Romano, fu trafugato dai veneziani come bottino di guerra e portato a Venezia, ove attualmente riposa nella Chiesa dedicata ai santi Geremia e Lucia. Come spesso succede in ambiente cattolico, anche una Chiesa francese sostiene di avere il corpo della santa, che viene venerata in una Chiesa di San Vincenzo di Metz, meta di pellegrinaggio da tutta la Francia e dal mondo germanico (2).A titolo di mera curiosità la Chiesa di san Giovanni Maggiore di Napoli sostiene di avere le reliquie degli occhi di santa Lucia, venerate da secoli per la protezione della vista. Riguardo le presunte reliquie di Metz, queste furono dichiarate autentiche dalle autorità cattoliche del luogo nel 1792 a riprova che la verità nella Chiesa Cattolica più che un fatto oggettivo è una pura opinione.


Troparion della Santa e Gloriosa Martire Lucia di Siracusa (3)

Indossando il mantello radioso della verginità
ed essendo promessa sposa di Cristo che  
ti ha donato la vita, hai abbandonato l'amore della tua fidanzata terrena,
o Lucia Vergine-Martire,
perciò come dono nuziale
hai portato a Cristo lo spargimento del tuo sangue,
intercedi anche presso di lui per tutti noi!




Note:


(1) – Carlo Fatuzzo su http://www.santiebeati.it/dettaglio/25550


(2) - Pierre Edouard Wagner, docente associato della Facoltà di Teologia Cattolica di Strasburgo - "Culte et reliques de sainte Lucie à Saint-Vincent de Metz"


(3) – da OrthodoxWiki “Lucia di Siracusa


autore

dott. prof. mons. Filippo Ortenzi

Arcivescovo Metropolita della Chiesa Ortodossa Italiana

Rettore Università Ortodossa San Giovanni Crisostomo

www.chiesa-ortodossa.com

tel. 0621119875

email: chiesaortodossaitaliana@gmail.com


lunedì 7 dicembre 2020

Bolla Apostolica “Tituli Sanctorum”

 

Bolla Apostolica

Tituli Sanctorum




L’Arcivescovo Metropolita Sua Eccellenza Reverendissima Filippo Ortenzi in data 4 dicembre 2020 con prot. n. 129/20 ha promulgato la Bolla Apostolica “Tituli Sanctorum”, esaminata e approvata dal Santo Sinodo e dal Consiglio Nazionale Ecclesiastico, nella quale si elencano i titoli dei santi in uso nella Chiesa Ortodossa Italiana.

PREMESSO

- Che il Santo Sinodo e il Consiglio Nazionale Ecclesiastico, hanno approvato la normativa emanata.

- Che il Codex Canonum della nostra Chiesa approvato il 22 agosto 2019 con Bolla Apostolica "Codex Ecclesia Orthodoxa Italica" dal Santo Sinodo (prot. N. 14/19) regola le procedure inerenti la glorificazione dei Santi con I canoni: Canone n. 92 - La Postulazione dei Santi e Canone 93 - La Glorificazione dei Santi.


DECRETA


Che i Tituli Sanctorum per coloro che vengono proposti per la glorificazione sono i seguenti:


Il seguente elenco spiega i riferimenti: Dopo il nome del santo, si aggiunge il titolo appropriato: ( 
il Taumaturgo , il Grande , il Porta trofeo , ecc.).


  • Anargiro: Sono detti anárgyroi (letteralmente senza denaro) i santi medici che prestarono la loro opera con assoluto disinteresse, senza mai chiedere retribuzione alcuna, né in denaro, né di altro genere, in applicazione del precetto evangelico: "Gratis accepistis, gratis date". I Santi anargiri per antonomasia sono Cosma e Damiano.

  • Apostolo: “Il santo, glorioso e lodevole Apostolo” sono i discepoli costituiti da Gesù per dare continuità al messaggio della salvezza da lui proclamato più Mattia (che sostituì Giuda Iscariota) Paolo e Barnaba.

  • Arcangeli: dal latino  larchangelus (greco antico:  ἀρχάγγελοςarchànghelos - composto dalle parole αρχειν, "àrchein", comandare e αγγελος, "àngelos"), significa "capo degli angeli". La Chiesa Cattolica ne venera tre: Gabriele – Michele e Raffaele. La Chiesa Ortodossa venera anche Uriel – Barachiel – Jegudiel e Selafiel.

  • Confessore : colui che ha sofferto (prigionia, tortura, esilio ecc.) per la fede ma non è stato martirizzato a titolo definitivo

  • Discepoli: primitivi seguaci di Gesù elencati nel Vangelo di Luca (10.1-24) la Chiesa Ortodossa li venera come 70 apostoli.

  • Evangelista: “il santo, glorioso e lodevole Apostolo ed Evangelista” gli autori dei Vangeli canonici: Luca – Marco – Matteo e Giovanni.

  • Etnomartire- La Chiesa Ortodossa Italiana può riconoscere Santi anche cristiani italiani di particolare valore morale e spirituale morti non in “odio alla fede” (in odiun fidei) ma in “odio alla Patria” (in odium Patriae). Can. 93 comma 4

  • Geromartiri: “Nostro Padre tra i santi” martiri appartenenti all’ordine episcopale

  • Giusto: “il Santo e giusto” una persona santa sotto l'Antica Alleanza (Antico Testamento Israele) o per i santi sposati della Nuova Alleanza

  • Ieroconfessore : uno che ha sofferto per la fede, ma non è stato martirizzato, che è anche un sacerdot

  • Ieromartire: un martire membro dell’ordine sacerdotale

  • Illuminatore: il santo che per primo portò la fede a un popolo o a una regione, o che vi svolse una grande opera di evangelizzazione come missionario o evangelista.

  • Isoapostolo (Uguale agli Apostoli) : colui la cui opera ha notevolmente edificato la Chiesa, sia attraverso il lavoro missionario diretto che assistendo il posto della Chiesa nella società, solitamente attribuito agli Imperatori romani: es. san Costantino I, isapostolo

  • Martire : uno che è morto per la fede - Can. 93 comma 3

  • Matto per Cristo : un santo noto per la sua apparente, ma santa, follia

  • Megamartire (Grande martire) : uno che è stato martirizzato per la fede e ha subito torture - Can. 93 comma 3

  • Mirovita - "colui che secerne il balsamo" dal corpo incorrotto es. San Nicola

  • Misericordioso : Santo noto in vita per il lavoro di beneficenza, specialmente verso i poveri Can. 93 comma 6

  • Non mercenario : un santo che ha rifiutato di accettare il pagamento per la guarigione

  • Nuovo martire : un martire che spesso porta lo stesso nome di un martire più antico, ma di solito più recente nella storia della Chiesa

  • Patriarchi: sono le venti figure ataviche tra Adamo e Abramo. Dieci sono antidiluviane (Adamo – Seth – Enos – Kenan – Malaleèl – Iared – Enoch – Matusalemme – Lamech e Noè) e dieci post-diluviani (Sem – Arpachshad – Kenan - Shelah - Eber – Peleg – Reu – Nahor – Terah – Abramo)

  • Portatore di Dio : uno che porta Dio dentro di sé ed è infiammato nel cuore dall'amore per Lui 

  • Portatrice di mirra : una delle donne che erano presenti alla passione di Cristo e andò al sepolcro per ungere il corpo di Gesù

  • Profeta: I 16 profeti biblici (A.T.) più Giovanni Battista (N.T.)

  • Portatore di passione : uno che ha affrontato la sua morte in modo simile a Cristo

  • Protomartire : il primo martire in una determinata località, città o regione

  • Venerabile: un santo monaco - Can. 93 comma 6

  • Venerabile-martire : un monastico martirizzato

  • Vergine martire : una donna martire non sposata, non monastica, casta

  • Taumaturgo : un santo famoso per aver compiuto miracoli, Can. 93 comma 6

  • Teologo : santo i cui scritti teologici sono ritenute di aparticolare valore dalla Chiesa.

lunedì 30 novembre 2020

San Nicola di Myra. Il vescovo che diventò Babbo Natale.

San NICOLA di Myra...

il vescovo che diventò Babbo Natale !

 

San Nicola ha affascinato il medioevo non meno del nostro tempo storico. Egli durante la vita si prese carico di orfani, vedove e gente perseguitata. Per questo, ancora oggi, egli continua a portare doni, e con essi  gioia e serenità alle genti del mondo, ma ha assunto le sembianze poetiche di: Babbo Natale e Santa Claus.

 

Proveniva da una famiglia nobile. Fu eletto vescovo per le sue doti di pietà e di carità molto esplicite fin da bambino. Fu considerato santo anche da vivo. Divenuto vescovo di Myra nel 300, in un periodo in cui tutti i cristiani erano perseguitati, fu imprigionato ed esiliato da Diocleziano. Quando Costantino nel 313 permise il culto del cristianesimo, Nicola fu liberato e riassunse la carica di Vescovo di Myra. Dopo la sua morte (il 6 dicembre di un anno compreso tra il 340 e il 352), il suo corpo fu seppellito a Myra, e in seguito traslato a Bari da 62 marinai pugliesi. San Nicola divenne uno dei santi più venerati dai cristiani Ortodossi dell’Impero Bizantino: oggi è patrono della Russia e della Grecia, oltre che della città di Bari.

Intorno al secolo XI i marinai normanni lo elessero a loro protettore, contribuendo alla diffusione capillare del culto anche in Francia, in Germania, in Olanda e in Inghilterra.

San Nicola ispirò numerose opere letterarie e musicali: la “Liturgia di San Nicola” (secolo X), il dramma “Legenda Aurea” di Iacopo de Varagine (‘200), che nel 1438 fu tradotto in inglese sotto il titolo “The Gilte Legende”, ed altri componimenti di vario genere. Durante i secoli successivi il culto di San Nicola fu portato dai coloni olandesi anche nel Nuovo Mondo, a New York (allora New Amsterdam).

A Bari le spoglie di san Nicola vennero collocate in una chiesa cittadina, ma era una sistemazione provvisoria, il 29 settembre 1089 esse trovano sistemazione definitiva nella cripta, già pronta, della basilica che si sta innalzando in suo onore. E’ il Papa in persona, Urbano II, a deporle sotto l’altare. Nel 1098 lo stesso Urbano II presiede nella basilica un concilio di vescovi, tra i quali alcuni “greci” dell’Italia settentrionale: c’è già stato lo scisma d’Oriente. Alla fine del XX secolo la basilica, affidata da Pio XII ai domenicani, è luogo d’incontro tra le Chiese d’Oriente e d’Occidente, e sede dell’Istituto di Teologia Ecumenica San Nicola. Nella cripta c’è anche una cappella orientale, dove i cristiani ancora “separati” dal 1054 possono celebrare la loro liturgia. Nicola di Mira, divenuto Nicola di Bari, è veramente  un santo per tutti i millenni

Durante la vita si prese cura dei poveri. La sua fama di generosità deriva dalla vicenda che lo vede benefattore di tre ragazze, le quali rischiavano di finire come prostitute non essendo il loro padre in grado di pagare i debiti da cui era gravato.

Quando San Nicola lo venne a sapere, per tre notti consecutive gettò nella finestra della stanza da letto delle figlie borsellini di monete salvandole da un destino infausto. Il padre pagò i debiti e gli rimasero anche  i soldi per le doti delle tre figlie. Per questo motivo le ragazze nubili che hanno il desiderio di sposarsi pregano San Nicola.

Durante la sua permanenza a Bari, salvò la vita ad alcuni marinai, per cui con l’attributo dell’ancora viene venerato come patrono dei marinai e dei commercianti. San Nicola protesse inoltre i pescatori e nell’Europa centrale i traghettatori, si curò dei ponti e protesse dalle alluvioni.

Il giorno della festa di San Nicola – il 6 dicembre – da allora fu associato alla ricchezza e alla prosperità.

Legato alla vicenda delle tre ragazze è rimasta legata al Santo la modalità della presentazione dei doni, generosi e di nascosto !  Si è instaurata l'usanza, a seconda dei vari paesi, di  presentare i doni o buttandoli dal camino, o nella calza, o nella scarpa.

San Nicola (St. Nicolaus o Santa Claus) porta i regali ai bambini in Inghilterra, negli Stati Uniti, in Svezia e in altri paesi, ma non a Natale,  bensì in occasione della sua festa, il 6 dicembre. Lo sfruttamento commerciale della icona di Santa Claus, ha creato una sorta di contrapposizione con il Natale del Signore, facendo erroneamente coincidere la venuta del Babbo Natale ( Santa Claus) portatore di doni con la nascita di Cristo. Facendo un pò d'ordine con le date, si può tranquillamente lasciar continuare a sognare i bambini aspettando Babbo Natale! Magari il 6 Dicembre!

A Bari l’8 maggio si festeggia la traslazione delle ossa di San Nicola con un corteo storico ed una “regata” sul mare con le barche cariche di gente che vanno verso la statua del santo (le reliquie del Santo si trovano nella cripta della Chiesa di San Nicola sul Lungomare di Bari, dedicato all'Imperatore Augusto).

I devoti da sempre fanno ricorso al Santo per chiedere la salute del corpo e dello spirito, mediante il pio uso della manna, liquido odoroso che si crea nell'urna ove sono conservate le sue ossa. Quella che si distribuisce ai fedeli è acqua benedetta con una piccolissima quantità di manna pura.  Questa composizione viene conservata in bottigliette, viene usata come bevanda oppure per aspergere le parti malate del corpo. La manna di San Nicola, questa sua singolare reliquia, è fonte di speranza e salute per quanti vi ricorrono con fiducioso abbandono in Dio attraverso la devozione al Santo.

☦ Padre Gianni

Sesso disabile, anima e corpo

 

Sesso disabile, anima e corpo

Il cortometraggio americano Breathing Lessons: The Life and Work of Mark O'Brien del 1996 diretto dalla regista Jessica Yu che nel 1997 si è aggiudicato l'Oscar come Best Documentary delineando il ritratto dello scrittore Mark O'Brien, che a seguito della poliomielite contratta da bambino passò gran parte della sua vita in un polmone artificiale.

Egli affermava : "Le due mitologie sulle persone disabili si riducono a una: non possiamo fare nulla, o due: possiamo fare tutto, ma la verità è che siamo solo umani".

Per oltre quarant'anni, ha combattuto contro la malattia, subendo e rigettando i vincoli della burocrazia, mettendo in luce le contraddittorie percezioni inerenti la disabilità proiettate sul piano sociale al fine di ribadire il suo diritto a condurre una vita indipendente, nella sua interezza ed identità, anche sessuale.

Mark O'Brien parte dagli sforzi e dalle sensazioni derivanti dagli esercizi di respirazione, sino alle profonde considerazioni legate al lavoro, al sesso, alla morte ed anche a Dio e innalza le poesia della bellezza della vita in tutte le sue forme ed identità, e pare gridare io vivo, io sono nel totale rapporto identitario con la realtà che circonda la mia condizione di disabile, io devo poter esistere per ciò per cui sono.

Ecco che fuori dagli schemi e preconcetti legati al proprio background sociale, culturale e religioso mi soffermo a considerare che forse è stato atavicamente tenuto fuori da ogni considerazione il rapporto esistente tra sessualità e disabilità.

Oggetto e scopo sessuale nonché l’intero universo della sfera sessuale che ordine di problema costituisce nel variegato mondo del diversamente abile?

Per un primo, ma profondo approccio a questo problema consiglio la visione del film “The Session” del 2012 che facendo riferimento sempre a Mark O'Brien, narra in chiave cinematografica la storia del poeta e giornalista che a 38 anni decide di porre fine al suo stato di verginità sessuale e con l’aiuto del sacerdote a lui vicino, padre Brendan, assume un compassionevole surrogato sessuale rappresentato da una donna con cui concorda sei incontri, che si interromperanno a causa dell’impeto delle emozioni affettive e passionali che il rapporto così instaurato causerà involontariamente .

Le moderne teorie psicoanalitiche si sono allontanate dall’interpretazione energetico-pulsionale, circa la definizione della sfera sessuale almeno nel suo aspetto esplicativo, convergendo verso le teorie oggettuali che percepiscono l'origine dello sviluppo psichico, e con esso quello della sessualità, nelle relazioni oggettuali, conseguenza dell’esperienza relazionale, non legate a fenomeni endogeni.

Ogni persona ha la sua soggettiva attitudine nell'essere affascinato e sessualmente eccitato, nel provare particolare piacere coinvolto in alcune circostanze piuttosto che in altre, così come provare pulsioni nei confronti di specifiche parti del corpo, così come nei confronti dell’osservare determinate situazioni o provare sensazioni tattili, sentire odori, suoni o essere attratto da capi di abbigliamento particolari: un universo complesso in cui si struttura una propria unica identità sessuale.

Pauletta D'Anna interpreta in chiave antropologica la sfera della sessualità, in ogni sua manifestazione enucleandosi dal concetto di normalità/patologia, mettendo così in luce di sola oggettività, come essa sia determinata dal gruppo sociale

La dimensione sessuale individuale è costituita dall’insieme delle costruzioni psichiche che scandiscono lo sviluppo di un individuo, che vengono memorizzate, come iniziale entità dinamica, si sedimentano nel tempo costituendo le strutture della sessualità individuale.

Queste “memorie” soggettivamente vissute come provenienti dagli organi genitali, sono in effetti delle mere elaborazioni psichiche per cui ogni percezione divine un insieme di afferenze. Le entità identificate come insiemi afferenziali rappresentano i significanti dei significati interiori strutturatisi nell’iter del costrutto evolutivo dell’identità sessuale soggettiva.

Allora anche i disabili fanno sesso….peccato che in questa società ciò sia ancora un tabù che va abbattuto.

ing. dott. prof. Ambrogio Giordano
ProRettore Università Ortodossa San Giovanni Crisostomo



Corso di Esicasmo

Corso di Esicasmo   A chi si iscrive, la prima lezione, al fine di rendere più facile la comprensione delle lezioni successive contiene:   L...