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sabato 4 gennaio 2020

Importanti riconoscimenti accademici al prof. Giovanni Brandi Cordasco Salmera barone di San Quirico

Importanti riconoscimenti accademici al prof. 
Giovanni Brandi Cordasco Salmera 
barone di San Quirico



Il Rettore
VISTO                   lo Statuto dell’Università Ortodossa San Giovanni Crisostomo
SENTITO              il Segretario Generale dell’Ateneo
VISTO                   il curriculum vitae del prof.dott. Giovanni Brandi Cordasco Salmera di San
                          Quirico

Per quanto nelle premesse citato:

Riconosce al
prof. avv.  dott. Giovanni Brandi Cordasco Salmera di San Quirico
nato a Francavilla Marittima (CS) il  26 novembre 1968
uno speciale riconoscimento quale    Storico e Giurista Eccellente.
Si trascrive qui pedissequamente uno scorcio della motivazione: “noto Docente del più antico diritto del Mediterraneo in Urbino, Catanzaro, Albania, Pistoia e Svizzera, dove conferma esperienze internazionali che lo hanno visto nelle più prestigiose Accademie del mondo, rivolge la sua vasta attività di ricerca al significato storico e sociale del diritto nella sua continua aderenza alla realtà quotidiana ed alla prassi, muovendovi dalle più remote civiltà; così ha fatto durante la lectio magistralis (I giardini di Ninive: Legge e limite alle radici del più antico pensiero giuridico) tenuta presso le nostre Università di San Giovanni Crisostomo e di San Nicodemo L’Agiorita il 28 settembre di questo stesso anno, quando con spunti di indagine acuti e stimolanti ha riflettuto sulla natura primigenia di talune forme giuridiche maturate, con caratteristiche sostanzialmente identiche, nella Caldea e nell’Assiria anche in rapporto ai noti fattori metagiuridici che hanno investito il bacino del Tigri e dell’Eufrate tanto caro alla nostra Chiesa Ortodossa Italiana”.
Il prof. Giovanni Brandi Cordasco Salmera di San Quirico viene altresì cooptato nel Senato Accademico  della nostra Università.
Il Rettore          (mons. Dott. Prof. Filippo Ortenzi)

giovedì 2 gennaio 2020

Il “Padre Nostro”: le particolarità nell’ortodossia

Il “Padre Nostro”: le particolarità nell’ortodossia



Accade assai spesso che fedeli, esperti e studiosi di liturgia ci pongano la delicata questione delle specificità, nelle tradizioni ortodosse, che caratterizzano la recitazione del “Padre Nostro”, preghiera essenziale nella storia del Cristianesimo, sia d’Occidente che d’Oriente, presente già nel II - III secolo nella forma aramaica (con la denominazione “Abùn”, padre, tratta dai versi iniziali “Abùn D - bah - Smaja”, “Padre che sei nei cieli”) e transitato in forma molto simile nella forma ebraica (Abun, “Padre”), poi in quella greca (con la denominazione “Kiriake Proseukè”: preghiera del Signore) e poi nella traduzione latina della “Vulgata” di San Gerolamo, che inizia a diffondersi dal IV secolo (quando la preghiera assume la denominazione di “Oratio Dominica”).
Anche se non mancano, in Italia, parrocchie e gruppi di fedeli ortodossi che recitano ormai il Padre Nostro in forma uguale a quella consolidatasi nel rito cattolico romano che tutti conoscono - prassi non sempre condivisibile - giova ricordare a coloro che intendono invece approfondire le differenze che nel mondo ortodosso sono maggiormente diffuse e salvaguardare le identità della formulazione orientale, le tre principali differenze nel testo liturgico da recitare, precisando che le prime due sono meno seguite, specialmente nel nostro Paese, mentre la terza è più rispettata, anche nelle parrocchie di tradizione russa e rumena.
1.Il pane “quotidiano”
Nella tradizione ortodossa, è assai diffusa e sarebbe senz’altro sempre preferibile la forma “Dacci oggi il nostro pane soprasostanziale” o “necessario”. Tale espressione traduce, in modo molto più appropriato, la formulazione greca “Tòn àrton hemòn tòn epiùsion dòs hemìn sémeron” (dove “epiùsion” è tradotto in latino dalla Vulgata “ supersubstantialem”). Ricordiamo che la radice ”ousian” (qui col prefisso “epì”, sopra) è di particolare importanza nella filosofia, nella teologia e nell’esegesi, identificando l’ “ousia” la sostanza, l’essenza profonda, ciò che è in sè sussistente.

2.“Non ci indurre in tentazione”
La formulazione venuta cristalizzandosi nella tradizione latina appare poco rispondente all’originaria stesura greca, in cui il verso completo è: “kài mé eisenènkes hemàs eis peirasmòn (presente in Matteo 6,13 e Luca 11,4, e discutibilmente tradotta nel latino “ne nos inducas in tentationem”). Il verbo utilizzato eisphérein significa letteralmente “portare / condurre verso “, diverso e meno “forte” di "inducere" (il vero “calco” latino - come nota il prof. R. Uglione, che sul versetto in questione ha condotto encomiabili approfondimenti filologici, sarebbe difatti "inferre") della Vulgata (per la verità "inducere" non si deve alla traduzione di S. Girolamo ma è già ampiamente attestato nelle versioni Veteres Latinae pregeronimiane, come il cod. Bobbiensis e il cod. Colbertinus) ad attenuare il significato del versetto meglio traducendo, come spesso fanno le tradizioni ortodosse, con formule come “non permettere che noi siamo indotti in tentazione”. Ricordiamo che il testo nell’aramaico originario era w-là, “e non”, tà-làn, “portarci, portare noi”, l - nesjuhnàh “in tentazione”). Persino sant’Ambrogio (già nel 370-380!) insegnava ai catecumeni “et ne nos patiaris induci in temptationem” (“e non tollerare che siamo indotti in tentazione” - Trattato De Sacramentis V 4,18). Su questa linea esegetica modificatrice si colloca una buona parte della tradizione patristica e anche una nuova e recentissima traduzione Cei della Bibbia: “e non abbandonarci alla tentazione”. I problemi non riguardano solo il verbo eispherein, dal momento che il greco peirasmós può significare “tentazione” ma anche, più semplicemente, “prova”. È chiaro che la scelta tra queste due accezioni implica due “agenti” diversi: la “prova” provenendo da Dio, la “tentazione” dal demonio. Da più parti ( anche autorevoli ) è stato fatto osservare che Dio, essendo Padre misericordioso, non può assolutamente mettere alla prova i suoi figli né tantomeno tentarli. Ciò sarebbe per alcuni addirittura blasfemo. Per la verità, alcuni episodi biblici parrebbero attestare il contrario (basti citare i casi di Abramo e di Giobbe, ed alcune inequivoche espressioni dei Salmi : Ps. 10, 5 “ Il Signore mette alla prova giusti ed empi”. Dal salmo 25, 2 si deduce che il giusto può persino chiedere a Dio di metterlo alla prova: “Scrutami, o Signore, e mettimi alla prova”). Non solo, ma Dio può addirittura permettere a Satana di “tentare” il giusto: basti citare l’episodio notissimo delle tentazioni di Gesù nel deserto, prima dell’inizio della sua vita pubblica, e il bellissimo commento che ne fa S. Agostino (Comm. al Salmo 60,3) : “La nostra vita in questo pellegrinaggio non può essere esente da prove...Nessuno può conoscere sé stesso se non è tentato... Il Signore volle prefigurare noi, che siamo il suo corpo mistico, nelle vicende del suo corpo reale... Dunque egli ci ha come trasfigurati in sé, quando volle essere tentato da Satana... Cristo fu tentato dal diavolo nel deserto, ma in Cristo eri tentato anche tu... Tu fermi la tua attenzione al fatto che Cristo fu tentato, ma perché non consideri che egli ha anche vinto ? Fosti tu ad essere tentato in lui, ma riconosci anche che in lui tu sei vincitore!”. In definitiva, personalmente riterrei preferibile “non abbandonarci nella prova / nel momento della prova”, naturalmente anche nel senso ampio di “ non sottoporci, o Signore, ad una prova troppo dura e troppo pesante per le nostre forze” o, al limite, “ non abbandonarci nella tentazione / nel momento della tentazione” , in linea con S. Paolo (Prima lettera ai Corinzi, 10,13: “Dio ... non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze ma, insieme con la tentazione, vi darà anche il modo di uscirne per poterla sostenere”. Singolare, che dopo ben diciassette secoli, solo negli anni scorsi si sia aperto, nel mondo teologico latino un dibattito articolato su questo argomento, certamente delicato ma assai interessante, e non solo sul piano storico e filologico.

3.“Liberaci dal Maligno”
Sono molto numerose ed ampiamente condivisibili le tradizioni ortodosse che utilizzano la formula “Liberaci dal Maligno”, anziché “Liberaci dal male”. Ricordiamo che il testo greco originario è “allà rüsai hemàs apò tu poneroù” e quello aramaico nella prima formulazione era èla pacàn mèn bisàh, “ma liberaci da ciò che è male”. Anche alla luce di quanto esposto sopra rispetto alla traduzione “Non abbandonarci nella tentazione”, sarebbe più coerente interpretare nel versetto seguente il genitivo poneroû come un genitivo maschile (“Maligno”) anziché neutro (“male”), cioè, appunto, “ma liberaci dal Maligno” (dal quale provengono le tentazioni). Questa posizione, per così dire, “personificatrice” è confortata dal fatto che in numerosi manoscritti greci (anche antichi) leggiamo, a conclusione del Padre nostro, la dossologia “Poiché tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli “ (versione - testo dell’oratio Dominica inglobante la dossologia come parte integrante - adottata anche nell’eucologia e nella liturgia delle Chiese della Riforma). Come ricorda ancora Uglione, l’attestazione di una analoga dossologia già nella Didaché ( un’opera risalente alla fine del I secolo d. C.) fa ritenere che tale dossologia sia un ampliamento molto arcaico, dovuto quasi sicuramente a motivazioni liturgiche. Era, infatti, consuetudine diffusa nel giudaismo concludere le preghiere con una dossologia formale e le prime comunità cristiane erano solite seguire la prassi liturgica sinagogale. E’ evidente infatti, in prospettiva escatologica, che la potenza del Maligno è destinata, alla fine dei tempi, a svanire e ad essere superata e vinta dalla potenza di Dio: poiché, in definitiva, suoi e soltanto suoi sono il regno, la potenza e la gloria.


Mons. Max Giusio
Teologo - Vice Rettore della
Università Ortodossa San Giovanni Crisostomo


sabato 28 dicembre 2019

La vera storia dei Magi

La vera storia dei Magi

Il Vangelo di Matteo (Matteo II, 1-14) ci racconta che dei  Magi, seguendo una stella, erano giunti in Giudea per rendere omaggio al Re che era nato, perché avevano visto sorgere la sua stella ed erano venuti per adorarlo. Detti Magi, portarono in dono a Gesù, nel giorno della nascita - avvenuta nella città di Betlemme - come preannunciato nella Bibbia (Michea 5,1) riconosciuto come Messia e Re dei Giudei, oro (in omaggio alla sua regalità), incenso (in omaggio alla sua divinità) e mirra (una gommoresina aromatica usata per le imbalsamazioni, in omaggio alla sua vittoria sulla morte). Dell'adorazione dei Magi parla soltanto l'evangelista  Matteo (Matteo II,2) dove non ne è precisato il numero e non si dice fossero Re. L'opinione che fossero tre, si diffuse per il fatto che essendo tre i doni, ne avessero portato uno ciscuno e , nei secoli successivi si iniziarono a dare anche dei nomi a detti Magi, conosciuti in Italia come Gaspare, Baldassarre e Merchionne ma con altri nomi in altri paesi (es.: Karsukan, Basanater e Hor in Etiopia; Galgalat, Malgalat e Sarachin in Israele; Kagpha, Badadakharida e Badadilma in Armenia; Larvandad, Hormisdas e Gushnasaph in Siria; Apellius, Amerius e Damascus in Grecia ecc.). Come l'invenzione dei nomi (non presenti nel vangelo) anche quella che fossero Re  è una storia venuta secoli dopo che non c’entra nulla con la figura storica dei Magi, ma con una interpretazione del Salmo LXXI,10 («Il re di Tarsis e delle isole porteranno offerte, i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi.») non associato ai Magi né dalle fonti canoniche delle varie Chiese cristiane, né dai Padri della Chiesa. L’adorazione dei Magi a Gesù bambino è definita Teofania dalla Chiesa Ortodossa (dal greco theophàneia, composto da theos – dio e da phàinein – manifestarsi) che la festeggia unicamente al Natale ed Epifania (dal greco epifaneia – manifestazione) dalla Chiesa Cattolica che la festeggia a parte il 6 gennaio.

Ma chi erano i Magi? Per lo storico e scrittore greco di Alicarnasso (Asia Minore – attuale Turchia) Erodoto, i Magi o magoi (persiano magūsh, greco màgos) erano una casta sacerdotale ereditaria dei Medi sul tipo di quella dei bramini indù, sacerdoti astronomi che hanno dato nome al termine magia (latino magus, greco magos), una casta di astronomi, indovini, incantatori, incaricati del culto del fuoco, prelati dell'antica religione zoroastriana presente in Iran (letteralmente Terra degli Ariani) da tempo immemorabile, dei cui poteri divinatori ne parla anche il profeta Daniele che "per l’aiuto di Dio venne posto a capo dei “magi” di Babilonia"(Daniele 4:9 e 5:11). 


L’abbigliamento dei Magi non era regale ma molto semplice, avevano pantaloni aderenti, tuniche corte, scarpe a punta ricurva e ampi mantelli sulle spalle; ma soprattutto avevano il capo coperto dai tipici “berretti frigi”, copricapo rosso conico con la punta ripiegata in avanti. La religione zoroastriana fu fondata da Zarathustra, un profeta proveniente dall’attuale Azerbaigian, il cui nome significa Terra dei Fuochi in onore di questa antica religione, tanto che nella capitale Baku ancora oggi si trova un antico tempio di fuoco Ateshgah.
I Magi che adorarono Gesù provenivano probabilmente dall’attuale Kurdistan, dove vivevano i Medi, un antico popolo iranico che per Erodoto prima ancora si chiamavano Ariani e cambiarono il nome in Medi in onore di Medea la Colchide, moglie di Giasone capo degli Argonauti ed i cui discendenti sono gli attuali Curdi. Il territorio della Media dal quale probabilmente venivano i Magi è un vasto altopiano situato nella parte settentrionale e nord-orientale della Mesopotamia, che include i laghi di Urmia e Van le catene dei monti Zagros e Tauro. A titolo di pura curiosità l’antica lingua lingua dei Medi sopravvive attualmente unicamente in un piccolo villaggio montanaro di nome Abyaneh, di poco più di 300 abitanti, situato nella regione iraniana di Isfahan, dove è ancora presente un antichissimo tempio di fuoco zoroastriano Harpak utilizzato anticamente dai Magi.
Ma perché i Magi, sacerdoti di una religione straniera, andarono a rendere omaggio a Gesù? Nel Vangelo di Matteo è scritto che seguirono un astro, e non una stella cometa. Secondo gli astronomi intorno all’Anno Uno passò vicino alla terra la cometa di Encke e nell’anno 7 a.c. ci fu una congiunzione particolarmente luminosa Giove-Saturno che si trovarono nel cielo uno vicino all’altro per ben tre volte come evidenziato da Corrado Lamberti, direttore della rivista Le Stelle, ma forse il motivo va ricercata nei testi sacri dell’antica religione mazdeista o zoroastriana, dove nell’Avesta è prevista la nascita, da una Vergine, di un “salvatore” o Saoshyant che sovrintenderà al rinnovamento del mondo. Il Saoshyant o Salvatore alla fine dei tempi porterà alla risurrezione dei corpi a cui seguirà il giudizio universale e nel Vangelo dell’infanzia arabo siriano (un vangelo apocrifo) c’è scritto che in seguito alla nascita di Gesù a Betlemme vennero dei Magi dall’oriente “… come aveva predetto Zarathustra”.
Gesù, il Messia ebraico (māšīāḥ) che rende compimento a quanto preannunciato nella Bibbia dai Profeti Isaia (7:14) e Geremia (31:22) è anche il Salvatore (Saoshyant) profetizzato da Zoroastro nell’Avesta e sia per la Bibbia che per l’Avesta Gesù doveva, per rendere compimento alle profezie delle due religioni monoteiste dell’antichità, nascere da una Vergine, come testimoniato anche nei Vangeli di Luca (1:34-35) e Matteo (1:18-23).

La figura dei Magi, sacerdoti astronomi dell'antico culto zoroastriano (che ancora sopravvive, con circa 300.000 fedeli, concentrati soprattutto in Iran e in India), venuti da una terra straniera (probabilmente dai monti Zagros nell'attuale Kurdistan iracheno) a rendere testimonianza della manifestazione di Gesù quale Messia e Salvatore, ha una grande importanza simbolica nel cristianesimo perché rappresenta l'universalità del messaggio di Cristo venuto per la salvezza non del solo popolo d'Israele ma di tutta l'umanità.

mons. Filippo Ortenzi
Rettore Università Ortodossa San Giovanni Crisostomo





mercoledì 20 novembre 2019

Convenzione di reciproco riconoscimento tra l'Istituto Superiore di Teologia Ortodossa San Pietro e l'Università Ortodossa San Giovanni Crisostomo


Convenzione di reciproco riconoscimento tra 
l'Istituto Superiore di Teologia Ortodossa San Pietro 
e l'Università Ortodossa San Giovanni Crisostomo

"religione senza sapere è inseguire la rovina dell'anima"




Nel rispetto dell'autonomia di ciascuna delle due istituzioni di formazione superiore in teologia ortodossa (ortodosso inteso come: vero, giusto, diritto), i responsabili dell'Istituto Superiore di Teologia Ortodossa San Pietro di Yaoundé (istoy) e quelli dell'Università Ortodossa San Giovanni Crisostomo di Roma hanno firmato il 13 novembre 2019 il riconoscimento reciproco dei diplomi, dei titoli e dei periodi di studio nelle loro università reciproche.



Nello stesso documento, entrambe le parti riconoscono la mobilità degli studenti delle rispettive istituzioni secondo ciò su cui potranno andare d'accordo per l'agevolazione del proseguimento degli studi in una o l'altra istituzione, nonché la cooperazione nel settore dell' Insegnamento, in particolare lo scambio degli insegnanti e l'adozione dei programmi accademici comuni.



La parte italiana era rappresentata dal dott. Filippo Ortenzi, arcivescovo metropolita della Chiesa Ortodossa Italiana e Rettore dell'Università Ortodossa San Giovanni Crisostomo di Roma e la parte Camerun era rappresentata dal dott. Pierre Atyam moto, arcivescovo primate della Chiesa Ortodossa Autonoma d'Africa - EOAA, rettore dell'Istituto Superiore di Teologia Ortodossa San Pietro (istoy) di Yaondé (Camerun).




lunedì 4 novembre 2019

Epistula Lentuli ad Romanos de Christo Jesu

Epistula Lentuli ad Romanos de Christo Jesu

Il vero volto di Gesù

Quale era il volto di Gesù? Quello dell'Uomo della Sindone o quello dipinto dai pittori da secoli? Nel 1421 fu rinvenuto dal nobile italiano Giacomo Colonna il cosiddetto "manoscritto di Jena" un antico documento inviato a Roma dalla capitale dell'Impero (Costantinopoli). E' l'epistola (lettera) mandata dal senatore romano Publius Lentulus all'imperatore Tiberio dove parla di un certo Gesù Cristo, uomo dal grande potere taumaturgico e del quale illustra la figura fisica. Il ritratto che ne scaturisce è più vicino all'immagine di Nostro Signore effettuata dai cristiani dei primi secoli che a quella attuale che lo rappresenta come una specie di hippy moderno. Detta lettera, scritta da un magistrato romano, ex governatore della Siria Palestina prima di Ponzio Pilato, di religione pagana e non cristiano, è un apocrifo (cioè non fa parte dei canoni cristiani) e, per taluni storici, anche un falso. Noi non sappiamo se il documento sia vero o falso, ma riteniamo il documento importante e, di conseguenza lo proponiamo anche a voi.



Questa è una delle più antiche immagini di Gesù, quella inerente la tradizione del mandylion, il Volto Santo acheropita, ossia non dipinto da mano umana, venerato dalle prime comunità cristiane, noto come immagine di Edessa di Mesopotania (oggi Urfa in Turchia) poi traslato a Costantinopoli - Nuova Roma (oggi Istambul - Turchia) e scomparso nel 1204 quando le orde cattoliche crociate conquistarono e saccheggiarono Costantinopoli causando la fine dell'Impero Romano. 

"Un ufficiale romano di nome Lentulo allorché si trovava, per i Romani, nella provincia della Giudea all'epoca di Tiberio Cesare vedendo Cristo, le mirabili sue gesta, la sua predicazione, gli infiniti miracoli e varie altre cose stupende, così al senatore romano scrisse:

 In quei tempi apparve, e vive tuttora, un uomo dotato di straordinario potere di nome Gesù Cristo. Dalla gente è detto profeta di verità, i suoi discepoli lo chiamano Figlio di Dio, risuscita i morti, e guarisce [tutte] le malattie. E' un uomo dalla statura alta e ben proporzionata, dallo sguardo improntato a severità;  quanti lo guardano lo possono amare e temere. I suoi capelli hanno il colore delle noci di Sorrento molto mature e discendono dritti quasi fino alle orecchie; dalle orecchie in poi sono increspati e a ricci alquanto  più chiari e lucenti ondeggianti sulle spalle; nel mezzo  ha una riga secondo il costume dei nazarei. La sua fronte è liscia e serenissima, il viso non ha né rughe  macchie, ed è abbellito da un [moderato] rossore. Il naso e la bocca sono perfettamente regolari. Ha barba abbondante [e impubere] dello stesso colore dei capelli: non è lunga, e sul mento [in mezzo] è (leggermente) biforcuta. Il suo aspetto è semplice e maturo. I suoi occhi sono azzurri, vivaci e brillanti. Terribile quando rimprovera, accarezzevole e amabile quando insegna, gioviale pur 
Qualche volta ha pianto, ma non ha mai riso [non fu  mai visto ridere, bensì piangere]. La statura del suo corpo è alta e diritta, le mani e le braccia graziose alla vista.
Parla poco, grave e misurato.
Giustamente fu dunque detto dal profeta: Il  più bello dei figli degli uomini [Dall'aspetto più bello dei figli degli uomini].
Costui è il re della gloria, che gli angeli desiderano contemplare, la cui bellezza è ammirata dal sole e dalla luna,  il salvatore del mondo,  l'autore della vita.  A lui onore e gloria in eternoAmen"

lunedì 7 ottobre 2019

Il prof.Giovanni Brandi Cordero Salmena, barone di San Quirico nel Corpo Docente dell'Università Ortodossa San Giovanni Crisostomo

Il prof. Giovanni Brandi Cordero Salmena, barone di San Quirico nel Corpo Docente dell'Università Ortodossa San Giovanni Crisostomo
Il prof. Giovanni Brandi Cordero Salmera, barone di San Quirico  è stato llievo di Anna Maria Giomaro con cui si è laureato summa cum laude e plauso della Commissione nel 1994, colloca la sua attività nella tradizione del Maestro, volta, per la gran parte, alla ricerca del significato storico e sociale del diritto nella sua continua aderenza alla realtà quotidiana ed alla prassi (Il patto di riscatto nel diritto romano in Studi Urbinati 49) cui associa una basilare attenzione verso il sistema processuale romano, con particolare riferimento alle peculiarità provinciali (Critica ed anacratica di Gv. 18. 31 b. I poteri del Gran Sinedrio ai tempi della Procuratoria romana in Giudea in Studi Urbinati 51.3; De quadam sepoltura: la deposizione di Gesù nel sepolcro tra diritto e privilegio in Vivarium 2010; Le inquietudini del Getsemani; La remissio ad Erode Antipa in Vivarium 2016; Acerrima Indago in Studi sull’OrienteCristiano) e dell’esecuzione fallimentare classica (La Lex Iulia de bonis cedendis e le ipotesi alternative alla bonorum venditio in corso di stampa). Ed ancora verso il processo muovono le sue rifles sioni sulla nossalità romana quale caratteristica tipica delle azioni penali, maturate,summa cum laude, nel celebre corso di ricerca sulle obbligazioni tenuto dall’Università degli Studi di Catanzaro “Magna Grecia”, nelle attività del Leopold Wenger Institut dell’Università degliStudi di Monaco “Ludwig Maximilian” e del Max Planck Institut für ausländisches und internationales Privatrecht dell’Università degli Studi di Amburgo “Westfälische Wilhelms” (Su alcune  peculiarità della condanna nossale nella Collana del Dipartimento di Scienze Giuridiche"Collegio dei Dottori 1506" dell'Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”). Un preciso interesse è stato rivolto al diritto romano ellenistico, sin da quando vi è stato chiamato ad Urbino nel 1997, facendone una sua cura pressoché costante soprattutto per ciò che riguarda i moduli diplomatici
interstatuali e delle egemonie coloniali (Sibari e Timpone della Motta nel Trattato di Olimpia con i Serdàioi; Sibari e Timpone della Motta nel trattato di Olimpia con i Serdàioi. Le Συμμαχίαι egemoniali come modello di relazione diplomatica (nella Collana della AICC Delegazione di Castrovillari); Sybaris e gli Alleati. L’egemonia di Timpone della Motta nel Trattato di Olimpia con i Serdàioi; Les ξυμμαχίαι comme pratique du droit international dans le monde grec d’Homère à l’époque hellénistique in Studi sull’Oriente Cristiano). In particolare il saggio Sybaris e gli Alleati risulta quale libro di testo e/o consigliato presso Istituti di ricerca e Licei. Né gli risulta estranea una vivace curiosità per le diverse espressioni del vivere civile nel mondo antico, proiettata dall’incanto del suo microcosmo affettivo, Francavilla Marittima, singolare geografia di affetti e di passioni, cui si rapporta anche in funzione di una componente assolutamente propria della sua antica famiglia (Enotri e Greci sul Timpone della Motta tra marginalità ed integrazione. Continuità storica ed evoluzione degli istituti giuridici, in Magna Grecia 2001 con l’ausilio del CNR; Fortuna e Miserie dei Sanseverino di Bisignano (Premio Troccoli Magna Grecia 2006); Egemonie sociali e strutture del potere oligarchico nel medioevo dei Grandi di Siena in Rondini nel pomeriggio. Ha ricevuto la laurea honoris causa dalla Libera Università Ortodossa di Pistoia “San Gregorio Magno” che lo ha pure voluto alla cattedra di Diritto Romano Cristiano. È Redattore e Consultore per il settore disciplinare Diritto Romano e Tardoantico di Studi sull’Oriente Cristiano nonché collaboratore, a vario titolo, di altre riviste scientifiche. Presidente dell’Accademia della Motta. Alto Centro di Studi Sociali di cui ne dirige gli Atti; Presidente della Fondazione Rosa Cordasco Salmena di San Quirico Vincenzi (con Bibliotecha et Archivum Gentilicium) di cui ne dirige la Collana; membro dell’Associazione Italiana di Studi Bizantini, dell’AIST, dell’Institut Hellénistique de Diplomatie Culturelle della Società internazionale per lo Studio della Retorica Biblica e Semitica e di numerosi altri enti di ricerca di cui coordina i comitati scientifici; membro effettivo ed onorario di numerose associazioni e centri culturali. Giurista comunque presente ai fronti di lotta della gente, esercita la professione forense quale Avvocato Cassazionista del Foro di Castrovillari nonché quale Giudice Arbitro della Camera Arbitrale “Costantino Mortati” della Camera di Commercio Industria Artigianato di Cosenza e Fiduciario Nazionale della O.S. CISAL F.P.C. È membro della Commissione Aggiornamento Forense dell’Ordine Forense di Castrovillari; Coordinatore del Comitato Scientifico della Camera Civile degli Avvocati di Castrovillari “D. Mazziotti” di cui ne dirige i Quaderni; è stato Responsabile della Scuola Forense della Camera Penale degli Avvocati di Castrovillari “Eugenio Donadio” (in tali ruoli ha dato alle stampe: Pretium doloris; La persistenza degli aspetti romani dell’accusatio patri vel mariti nella
disciplina dell’adulterio. Carini riapre l’amaru casu di la Barunissa in Calabria Letteraria 2010). 
Laureato in Giurisprudenza all'Università degli Studi "Magna Grecia" di Cosenza ha ricevuto diverse lauree Honoris Causa: Storia del Diritto Romano Cristiano (Libera Università Ortodossa "San Gregorio Magno di Pistoia") - Storia del Diritto (Orthodoxus Universitas Ecclasiae do Brasil) - Storia e Diritti dell'Oriente Cristiano (International University of Peace della Svizzera) ecc.
 È Presidente dell’Accademia della Motta. Alto Centro di Studi Sociali, di cui dirige gli Atti; è Presidente della Fondazione Rosa Cordasco Salmena di San Quirico (con Bibliotheca Humanistica et Archivum Gentilicium) di cui dirige la Collana Letteraria; è Coordinatore del Comitato Scientifico di SETEA Iniziative; della Camera Civile degli Avvocati di Castrovillari “D. Mazziotti” di cui  dirige i Quaderni; de Il Veliero delle Idee Onlus; di Aletheia Associazione Culturale; è Referente Scientifico Nazionale della CISAL FPC; è stato Responsabile della Scuola Forense della Camera Penale di Castrovillari “Eugenio Donadio”; è membro della Commissione Aggiornamento Forense dell’Ordine Forense di Castrovillari; del Centro Studi e Ricerche Calabresi, Sezione Speciale“Giovanni Righi” di cui ha presieduto comitati scientifici per taluni convegni internazionali; del Comitato Scientifico dell’Istituto Internazionale di Studi Normanno Svevi; dell’Associazione per la Scuola Internazionale “Lagaria” Onlus; dell’Istituto Magna Graecia di Taranto; della Società di Cultura Classica; dell’Associazione Internazionale Antinoo; della Società Dante Alighieri; dell’Associazione Nazionale dei Bizantinisti Italiani; dell’Institut Ellenistique de Diplomatie Culturelle; della Società Internazionale per lo Studio della Retorica Biblica e Semitica; dell’AIST; del Centro di Studi Fallimentari di Bari; dell’Accademia Nobiliare Araldica; è socio onorario dell’Istituto di Demologia e Dialettologia di Cassano allo Jonio; di Picard; dell’Universum Switzerland e di altre ancora. È redattore e Consultore di Studi sull’Oriente Cristiano e di altre Riviste scientifiche cui collabora a vario titolo.
 E' inoltre autore di numerose pubblicazioni:
1. BRANDI CORDASCO SALMENA G., Acerrima indago: la competenza giudiziaria dei

Praefecti provinciali nel processo romano imperiale tra inquisizione, regole di giudizio e garanzie dell’imputato. La sentenza di Pontius Pilatus contro Gesù di Nazareth, estratto anticipato in corso di stampa per Studi sull’Oriente Cristiano

2. BRANDI CORDASCO SALMENA G., Le Συμμαχίαι comme pratique du droit international grec d’Homère à l’époque ellénistique, estratto anticipato per Studi sull’Oriente cristiano

3. BRANDI CORDASCO SALMENA G., Deum et animam scire cupio. Nihil amplius? Nihilomnino. L’intelligibilità di Dio nella riflessione scolastica, prefazione al Saggio di Bruno Mandalari, Il Fuoco de lla Ragione. Introduzione alla Filosofia Medioevale,
Aljon Editrice, Villapiana, 2018, 22 ss.

4. BRANDI CORDASCO SALMENA G., Egemonie sociali e strutture del potere oligarchico nel Medioevo dei Grandi di Siena. La Signoria dei Salimbeni, in Rondini nel pomeriggio. Note e documenti sui Baroni Salmena già Salimbeni di Siena (Raccolta in memoria di Donna Rosa Cordasco Salmena di San Quirico Vincenzi) a cura di Pina Basile dell’Università di Salerno, II edizione, Lucca, Pacini Fazzi, 2018, 154 ss.

5. BRANDI CORDASCO SALMENA G., Sentinella quanto resta della notte? Debito e Responsabilità nella Teologia di Dietrich Bonhoeffer (ricordando Italo Mancini), in Vivarium (Rivista di Scienze Teologiche), n.s. XXV - 2 (maggio - agosto 2017), 165ss.

6. BRANDI CORDASCO SALMENA G., La Remissio a Erode Antipa: pericope di un fatto accaduto o inserzione di natura fortemente tematica?, in Vivarium (Rivista di Scienze Teologiche), n.s. XXIII - 3 (settembre - dicembre 2015), 361 ss.

7. BRANDI CORDASCO SALMENA G., La croce di Elena. La madre di Costantino alle radici del pensiero romano - cristiano, poche riflessioni occasionate dalla visita alla Mostra di Milano, in Vivarium (Rivista di Scienze Teologiche), n.s. XXI - 3 (settembre - dicembre 2013), 375 ss.

8. BRANDI CORDASCO SALMENA G., Il lutto dei nobili nell’organizzazione 49 dell’estroversione collettiva, in Rivista Nobiliare dell’Accademia Araldica Nobiliare Italiana, a. VII I - 2 (luglio - dicembre 2013), 18 ss.
 

9. BRANDI CORDASCO SALMENA G., Sybaris e gli Alleati. L’egemonia di Timpone della Motta nel trattato di Olimpia con i Serdàioi, Cassano allo Jonio, Prospettive Meridionali, 2013

10. BRANDI CORDASCO SALMENA G., Sibari e Timpone della Motta nel trattato di Olimpia con i Serdàioi. Le Συμμαχίαι egemoniali come modello di relazione diplomatica (nella Collana della AICC Delegazione di Castrovillari), Castrovillari, Patitucci, 2013
 

11. BRANDI CORDASCO SALMENA G., L'idea della colpa nell’impostazione originaria del pensiero cristiano. Il nunc dimittis di Padre Réginald Grégoire (Bruxelles 13 luglio 1935 - San Silvestro in Montefano 26 febbraio 2012), in Apollinea XVI - 4 (luglio - agosto 2012), Castrovillari, 2012, 28 ss.

12. BRANDI CORDASCO SALMENA G., Le inquietudini del Getsemani. Patologie del potere ed aporie funzionali nei processi romani contro i primi cristiani (nella Collana di Saggistica), Bari, Laterza, 2012
 

13. BRANDI CORDASCO SALMENA G., Lo Stato di Bisignano nell’articolazione spazio temporale della Weltgeschichte quale immagine lineare di una progressione storica. Prefazione alla II edizione di Fortuna e miserie dei Sanseverino di Bisignano. Atti del IV Convegno dell’Accademia della Motta, II edizione, Cassano allo Jonio, Prospettive Meridionali, 2012, 5 ss.
 

14. BRANDI CORDASCO SALMENA G., Fortuna e miserie dei Sanseverino di Bisignano, in Atti del IV Convegno dell’Accademia della Motta, II edizione, Cassano allo Jonio, Prospettive Meridionali, 2012, 25 ss.

15. BRANDI CORDASCO SALMENA G., Egemonie sociali e strutture del potere oligarchico nel Medioevo dei Grandi di Siena. La Signoria dei Salimbeni, in Rondini nel pomeriggio. Note e documenti sui Baroni Salmena già Salimbeni di Siena (Raccolta in memoria di Donna Rosa Cordasco Salmena di San Quirico Vincenzi) a cura di Pina Basile dell’Università degli Studi di Salerno, I edizione, Cassano allo Jonio, Prospettive Meridionali, 2012, 147 ss.
 

16. BRANDI CORDASCO SALMENA G., L’actio iniuriarum noxalis. Su alcune peculiarità della condanna nossale (nella Collana del Dipartimento di Scienze Giuridiche “Collegio dei Dottori 1506” dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” X), Fano, Aras Edizioni, 2012

17. BRANDI CORDASCO SALMENA G., Sibari e Timpone della Motta nel Trattato di Olimpia con i Serdàioi, Cassano allo Jonio, Prospettive Meridionali, 2012

18. BRANDI CORDASCO SALMENA G., La lettura di Sanhedrin 43 a nel Talmud Baulì. Ancora dubbi e riflessioni sul processo contro Gesù di Nazareth, in Vivarium (Rivista di Scienze Teologiche) n.s. XX - 3 (settembre - dicembre 2012), 387 ss.

19. BRANDI CORDASCO SALMENA G., Gli aspetti romani dell’accusatio patri vel mariti nell’evoluzione storica dell’adulterio. Carini riapre l’amaru casu di la barunissa, in Calabria Letteraria LVIII 10 - 11 - 12 (ottobre - novembre - dicembre 2010), 57 ss.
 

20. BRANDI CORDASCO SALMENA G., Il senso paradossale di Dio nei doppi pensieri di Don Italo Mancini a diciotto anni dalla morte, in Apollinea XIV - 1 (gennaio -febbraio 2010), 2010, 28 ss.
 
21. BRANDI CORDASCO SALMENA G., De quadam sepoltura. La deposizione di Gesù nel sepolcro tra diritto e privilegio, in Vivarium (Rivista di Scienze Teologiche) n.s. XVIII - 3 (settembre - dicembre 2010), 455 ss.

22. BRANDI CORDASCO SALMENA G., Critica ed anacritica di Gv. 18.31 b. I poteri del Gran Sinedrio ai tempi della procuratoria romana in Giudea, in Studi Urbinati 58.2 50 (2007), Urbino, 2007, 227 ss.
 
23. BRANDI CORDASCO SALMENA G., Fortuna e miserie dei Sanseverino di Bisignano, in Atti del IV Convegno dell’Accademia della Motta, I edizione, Roma, Magnoli di Firenze, 2006, 20 ss.

24. BRANDI CORDASCO SALMENA G., Enotri e Greci sul Timpone della Motta tra marginalità ed integrazione. Continuità storica ed evoluzione delle esperienze giuridiche, in Magna Grecia XXXVI (luglio - dicembre 2001), Cosenza, 2001, 19 ss., con l’ausilio del Consiglio Nazionale delle Ricerche

25. BRANDI CORDASCO SALMENA G., Il patto di riscatto nel diritto romano in Studi Urbinati 49 (1996 - 97), Urbino, 2001, 115 ss. 

 Il prof. dott. avv. Giovanni Brandi Cordarsco Salmera di San Quirico è venuto ad arricchire il nostro corpo docente con le cattedre di Diritto Romano Cristiano e Teologia del Diritto.

lunedì 16 settembre 2019

L'ing. Ambrogio Giordano nominato Pro Rettore dell'Università Ortodossa San Giovanni Crisostomo

L'ing. Ambrogio Giordano 
nominato Pro Rettore dell'Università Ortodossa San Giovanni Crisostomo

Il prof. dott. ing. Ambrogio Giordano, Presidente Nazionale della Fraternità Ortodossa, Gran Priore Vicario della Confraternita di San Michele Arcangelo e membro del Consiglio Nazionale Ecclesiastico della nostra Chiesa è stato nominato Pro Rettore dell'Università Ortodossa San Giovanni Crisostomo.


L'ingegnere è una persona di notevole cultura, dopo aver ottenuto i diplomi di Geometra e di Perito Agrario ha conseguito diverse lauree: Sociologia con indirizzo Mass Media e Comunicazioni - Ingegneria Civile - Scienze Criminologiche - Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale nonché si è specializzato in numerose materie, quali: domotica, patologia ambientale, certificazione energetica degli edifici, Energy Manager, Progettazione Aree ed Edifici Verdi, Progettazione e Costruzione Case in Legno, Autocad, Progettista in Cartografia numerica e sistemi di pianificazione Servizi Urbani e numerose altre specializzazioni. Collaboratore del giornale telematico Il Frizzo di Lucera (FG) e Presidente del Comitato Tecnico-Scientifico dell'associazione culturale Rinascita e Rose ha posrtato l'Accademia anche nella città di Foggia, ove ha preso sede in 
viale Alfonso I D'Aragona n. 4

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