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sabato 7 marzo 2020

Omelia di San Giovanni Crisostomo sui "Fratelli Maggiori"

Omelia di San Giovanni Crisostomo 
 sui  "Fratelli Maggiori"

Papa Giovanni Paolo II, per essere al passo con i tempi, visitando il Tempio Maggiore, ossia la più grande sinagoga ebraica (di rito italiano) di Rome, citando il documento del Concilio Vaticano II Nostra Aetate  (Nel nostro Tempo) promulgato da Papa Paolo VI  (evoluzione del Decretum de Judaeis  di Papa Giovanni XXIII), nel quale si affermava la stima riservata dalla Chiesa Cattolica alle genti dell'Islam  e il vincolo che lega cristianesimo ed ebraismo disse:  «La Chiesa di Cristo scopre il suo “legame” con l’ebraismo, “scrutando il suo proprio mistero”. La religione ebraica non è “estrinseca”, ma in un certo qual modo “intrinseca” alla nostra religione. Abbiamo quindi verso di essa dei rapporti che non abbiamo con nessun’altra religione. Siete i nostri fratelli prediletti». L'incontro è passato alla storia come riconoscimento da parte dei cristiani degli ebrei quali nostri fratelli maggiori. Tale politica di subordinarietà del cattolicesimo all'ebraismo è stata rafforzata anche dall'attuale pontefice Papa Francesco.
Riguardo i nostri presunti fratelli prediletti, che non dimentichiamolo perseguitarono ferocemente i cristiani agli albori della rivelazione divina è utile leggere cose scrisse, secoli fa, San Giovanni Crisostomo, forse il più grande oratore cristiano di tutti i tempi, grande teologo e  Padre delle Chiesa; fece nelle sue Omelie contro gli Anomei (greco: Ἀνομοίοι), una corrente eretica anti-trinitaria di derivazione ariana e gli Ebrei, che ambedue negavano la Divinità di Cristo. Per non tediare i nostri lettori ne riportiamo soltanto alcuni stralci:
...  un male estremamente grave necessita delle cure offerte dalla nostra parola, un male riposto nel corpo stesso della Chiesa … sono ormai imminenti le feste di questi miseri e disgraziati Giudei, … vi sono molti nei nostri ranghi che dicono di avere i nostri stessi sentimenti, ma poi di essi alcuni assistono allo spettacolo di queste feste, altri vi partecipano …  io voglio ora estirpare dalla Chiesa questa perversa consuetudine … se non curiamo i malati colpiti da questo male  … questa inopportuna abitudine e la loro ignoranza li facciano partecipi della dissolutezza dei Giudei e che più tardi le nostre esortazioni divengano inutili … una volta commesso il peccato, invano cercheremmo di portarvi rimedio. Per questa ragione mi affretto a occuparmi di ciò. Nello stesso modo si comportano i medici i quali, quando si trovano di fronte alle malattie più acute e gravi, si occupano di curare queste per prime: ma la battaglia presente è strettamente legata a quella precedente. Infatti, dato che l’empietà degli Anomei è molto affine a quella dei Giudei, anche la nostra battaglia odierna si presenta molto simile a quelle precedenti. L’accusa che formulano i Giudei è la stessa che formulano gli Anomei. Qual’è tale accusa? (Gv. V, 18). Il fatto che Cristo dichiarasse che Dio era suo Padre e che si facesse l’eguale di Dio. Questa accusa, anche gli Anomei la formulano, anzi meglio, non la formulano, bensì cancellano la parola di Cristo ed il suo significato, anche se non materialmente ma con la mente e con l’animo.
Invero non stupitevi se ho definito miseri i Giudei. Infatti sono ben sventurati e disgraziati poiché hanno ricevuto nelle loro mani tanti beni e li hanno ripudiati, ed hanno respinto i tesori che erano loro offerti. È sorto per loro il sole della giustizia ed essi, rifiutati i suoi raggi, stanno nelle tenebre: mentre noi che eravamo nelle tenebre, abbiamo attirato a noi la luce e ci siamo liberati dall’ombra dell’errore. Essi erano i rami della radice sacra (Rom. XI, 16 – 17) ma sono stati spezzati; noi non eravamo parte della radice, eppure abbiamo portato il frutto della pietà. Essi hanno letto i Profeti sin dalla più tenera età ed hanno crocifisso Colui che dai Profeti era stato annunziato. Noi che non avevamo mai udito parlare delle Sacre Scritture, noi abbiamo adorato questo stesso crocifisso. Perciò essi sono miseri, perché hanno respinto i beni che erano loro inviati mentre altri li hanno presi per sé, portandoli loro via. Ma essi, chiamati ad essere adottati come figli, si sono abbassati alla condizione di cani: noi che eravamo nella condizione di cani, con l’aiuto della grazia divina abbiamo potuto spogliarci di questa indole bruta ed elevarci alla dignità di figli. Cosa lo fa manifesto? Cristo ha detto alla donna di Canaan “Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cuccioli” (Mt. XV, 26), designando come figli i Giudei e come cani i gentili. Vedete quindi come l’ordine è stato invertito, i Giudei sono diventati cani e noi figli. “Guardatevi dai cani, dice Paolo, guardatevi dai cattivi operaiguardatevi dai circoncisiSiamo noi i circoncisi” (Filipp. III, 2-3). Vedete dunque come quelli che prima erano figli sono caduti nella condizione di cani? Volete sapere in qual modo noi che eravamo nella condizione di cani siamo diventati figli? “Inveroa tutti coloro che lo hanno ricevutoEgli ha dato il potere di diventare figli di Dio” (Gv. I, 12).
Nulla è più miserabile di questi Giudei che da ogni parte vanno in senso contrario alla loro salvezza. Quando bisognava osservare la Legge, essi l’hanno calpestata: adesso che la Legge è stata abrogata, con insistenza essi vogliono che sia osservata. Che cosa ci potrebbe essere di più miserabile di costoro che dispiacciono a Dio non soltanto quando trasgrediscono la Legge ma anche quando la osservano? Per questo è detto: “Duri di cervice e incirconcisi di cuorevoi sempre resistete allo Spirito Santo” (Atti VII, 51): non soltanto violando le leggi, ma anche volendole osservare a sproposito. “Duri di cervice“: giustamente sono stati chiamati così, perché non hanno voluto portare il giogo di Cristo per quanto dolce e benché non avesse nulla di pesante o di spiacevole. Egli dice: “Imparate da me che sono dolce ed umile di cuore (Mt. I, 29 – 30) e prendete il mio giogo su di voi poiché esso è dolce ed il mio fardello leggero“. Essi però non lo sopportavano a causa della loro testardaggine, anzi non soltanto non lo hanno sopportato ma lo hanno rotto e fatto a pezzi. “Sin dall’inizio hai spezzato il tuo giogohai rotto i tuoi legami” (Ger. II, 20; V, 5; Sal. II, 3). È un profeta, non Paolo che dice queste parole indicando il giogo ed i legami come segni distintivi del potere: perché i Giudei avevano respinto il potere di Cristo quando avevano detto: “Non abbiamo altro re che Cesare” (Gv. XIX, 15). Avete spezzato il giogo, rotto i legami, vi siete esclusi dal regno dei cieli e vi siete sottomessi al potere dell’uomo. Vorrei che esaminaste con quanta abilità il Profeta ha espresso la sregolatezza del loro animo. Infatti non dice: avete deposto il giogo, bensì: l’avete spezzato, atto proprio della brutalità animale, dei vizi sfrontati che respingono ogni freno e non sopportano alcun potere. Da dove proviene questa loro durezza? Dalla gozzoviglia e dalla intemperanza. Chi lo dice? Mosè stesso. “Israele mangiò ed il popolo diletto ingrassò e si rimpinzòSi rivoltò” (Deut. XXXII, 15). Come gli animali che si nutrono in ricchi pascoli diventano più ostinati ed indocili e non sopportano più né giogo né freno né la mano dell’auriga, così il popolo giudeo, spinto nell’abisso della malvagità dall’intemperanza e dalla troppa abbondanza materiale ha vissuto licenziosamente e non ha sopportato il giogo di Cristo, né trascinato l’aratro della sua dottrina. È quanto un altro Profeta aveva espresso con le parole: “Israele si comporta da pazzocome una giovenca eccitata da un tafano” (Osea IV, 16). Un altro definisce questo popolo: vitello non istruito a sopportare il giogo (Ger. III, 18). Animali come quelli, incapaci di lavorare vanno bene per essere sacrificati. Lo stesso è stato per il popolo dei Giudei: essendosi resi da soli incapaci di agire, sono diventati adatti ad essere uccisi. Perciò Cristo ha detto: “Portate qui i miei nemiciquelli che non hanno voluto che io regnassi sopra di loro ed immolateli” (Lc. XIX, 27). È allora, o Giudeo, che dovevi digiunare, quando la tua intemperanza ti stava conducendo a questi mali, quando i tuoi eccessi ti portavano all’empietà, non adesso. Adesso il digiuno è inopportuno ed abominevole. Chi lo dice? Isaia che a gran voce esclama: “Non ho scelto io questo digiuno” (Is. LVIII, 4-5). Perché dice così? “Perché voi digiunate per intentare azioni giudiziarie e litie prendete a pugni coloro che stanno sotto di voi“.
Perciò se il tuo digiuno era abominevole quando colpivi i tuoi fratelli, adesso, dopo che hai immolato il Signore, come potrebbe essere bene accetto? Per quale motivo? Colui che digiuna deve mostrarsi contrito, modesto, umile e non in preda alla collera; e tu colpisci i tuoi fratelli? Un tempo digiunavano e al tempo stesso litigavano e intentavano processi; ora digiunano con sfrontatezza ed estrema intemperanza, mentre danzano a piedi nudi nelle piazze col pretesto dell’astinenza; in realtà si comportano come ubriachi. Ascolta come il Profeta vuole che si digiuni: “Santificate il digiuno“, dice, non celebratelo con danze. “Predicate la parolariunite gli anziani” (Gioele I, 14). Ma costoro radunano stuoli di effeminati e portano nella sinagoga una accozzaglia di donne ignobili, il teatro intero, e gli attori: infatti non vi è alcuna differenza tra il teatro e la loro sinagoga. So in verità che ci sono delle persone che mi accuseranno di eccessiva audacia perché ho detto che non vi è differenza tra la Sinagoga e il teatro ma io li accuserò di essere impudenti, se non sono daccordo con me. Condannami se dico queste cose da solo; ma se uso le parole del Profeta allora approva quello che dico.
3 – So che molti rispettano i Giudei e pensano che i loro riti odierni sono degni di stima; per questo sono incitato a cercare di sradicare completamente tale dannosa opinione. Dissi che nessun teatro val meglio della sinagoga e porterò i profeti a testimoni; i Giudei non sono degni di fede più dei profeti. Dunque uno che dice? “La tua fronte è diventata quella di una prostitutanon vi è più nessuno davanti a cui tu arrossisca” (Ger. III, 3). Invero il luogo in cui la meretrice si prostituisce, questo è il vero lupanare. Anzi la sinagoga non è soltanto un teatro e un luogo di prostituzione, ma anche una caverna di briganti e un rifugio di belve. Infatti il profeta dice: “La vostra dimora è diventata la tana della iena” (Ger. VII, 11), non semplicemente di una belva ma di una belva impura. E ancora: “Ho lasciato la mia casaho abbandonato la mia eredità” (Ger. XII, 7). A colui che ha abbandonato Dio che speranza di salvezza rimane? Se Dio lascia un luogo questo diventa dimora di demoni. Ma dicono di adorare anch’essi il Signore. Lungi da noi il dire questo: nessun giudeo adora Dio. Chi lo dice? Il Figlio di Dio. “Se aveste riconosciuto il Padre mio avreste riconosciuto anche meOra voi non avete riconosciuto  me  il Padre” (Gv. VIII, 19). Che testimonianza addurrò più degna di fede di questa? Se non riconobbero il Padre, se crocifissero il Figlio, se respinsero l’assistenza dello Spirito, chi oserà sostenere che la loro sinagoga non è l’asilo dei demoni? No, Dio non vi è adorato, statene lontani. È di conseguenza il luogo dell’idolatria; tuttavia alcuni frequentano tali luoghi come se fossero sacri.
Ciò che dico non è derivato da una congettura, ma l’ho dedotto dall’esperienza. Tre giorni or sono, credetemi, dico il vero, vidi una donna onesta, libera, di costumi irreprensibili e fedele, costretta da un uomo impuro ed insensato, che si suppone cristiano (in verità udendolo non l’avresti detto un sincero cristiano), costretta dico, a entrare in un tempio degli Ebrei e ivi affermare con giuramento alcunché di relativo ad affari controversi. Siccome implorava aiuto e desiderava ribellarsi a questa scellerata violenza, protestando che avendo preso parte ai divini misteri non le era permesso di entrare in quel luogo, io mi levai infiammato ed ardente di zelo, non sopportando che questa infelice fosse trascinata oltre in tale prevaricazione, e la strappai a questo ingiusto rapimento! Poi domandai a colui che la trascinava se era cristiano: lo confessò. Lo rimproverai energicamente mettendo in risalto la sua stupidità ed infinita follia; gli dissi che non valeva più di un asino colui che, pretendendo di adorare Cristo, trascinava un fratello nelle spelonche dei Giudei, che proprio Cristo avevano crocefisso. Proseguendo nel discorso gli insegnai per prima cosa che, come afferma il Vangelo, non è mai permesso giurare o esigere da altri un giuramento; inoltre, un fedele cristiano, ma anche chi non lo fosse, non deve mai esser spinto a tale necessità. Quando, dopo lunghe considerazioni, ebbi liberata la sua anima da tali errori, gli domandai per quale motivo avesse lasciata la Chiesa e volesse portare la donna alle riunioni dei Giudei. Mi rispose che molte persone gli avevano detto che un giuramento fatto lì, incuteva molto più timore. A tali parole gemetti profondamente, poi mi infiammai di collera ed in ultimo non potei impedirmi di ridere. Gemetti infatti, vedendo l’astuzia del diavolo che riusciva a persuadere gli uomini a fare ciò; m’infiammai poi di furore, considerando l’indolenza di coloro che sono tratti in inganno; infine risi, considerando fra di me l’inconcepibile follia degli stessi.
Vi dissi e vi narrai tutto ciò perché mostrate un animo completamente privo d’umanità e non provate pena per coloro che tentano e fanno tali cose; se vedete un vostro fratello cadere in questo peccato ne deducete che la disgrazia non è vostra, ma di altri. Se poi siete accusati, vi stimate assolti dicendo: “Che mi importa? Che cosa ho in comune con costui?”. Queste parole suonano come odio mortale e satanica crudeltà verso gli uomini. Ma che dici? Poiché sei un uomo, partecipi della sua stessa natura; anzi, se dobbiamo parlare di comunione della natura, il cui capo è Cristo, osi dire che non hai nulla in comune con gli altri membri? Dunque in che modo confessi Cristo come Capo della Chiesa? Giacché il capo per sua natura congiunge tutte le membra, le coordina e con cura le volge a sé. Se non hai nulla in comune con chi è membro del tuo stesso corpo, allora non hai nulla in comune con tuo fratello, né hai Cristo come capo. I Giudei vi spaventano come foste fanciullini e non ve ne accorgete. Poiché come dei servi malvagi mostrano ai bambini delle maschere orribili e ridicole, che per loro natura non sono terrificanti ma sembrano tali alle anime semplici, e fanno fare grandi risate, così i Giudei atterriscono i cristiani ignoranti con i loro fantasmi. Come possono far paura quei riti giudaici pieni di onta e di derisione, propri di uomini respinti con ignominia e ripudiati dalla giustizia divina?
4Non sono così le nostre chiese, ma sono realmente terribili e incutono una santa paura. Infatti dove vi è il Dio che ha potere di vita e di morte, quello è un luogo terribile: là dove si pronunciano innumerevoli sermoni sulle pene eterne, sui fiumi di fuoco, sul verme velenoso, sui ceppi che non si possono rompere, sulle tenebre esteriori. I Giudei in verità non conoscono neppure in sogno queste verità, dediti come sono al ventre, agognando i beni presenti, per nulla migliori dei porci e dei caproni quanto a lascivia e ubriachezza. E soltanto questo conoscono: servire il ventre, essere ebbri, battersi per dei saltinbanchi, ferirsi a causa dei guidatori di cocchi. Forse che queste cose sono gravi e terribili? Chi lo ha detto? Come possono sembrarvi terribili, a meno che non si dica che degli schiavi noti per la loro ignominia, che non hanno libertà di parola e che fuggirono dalla casa del padrone, sono terribili per gli uomini onorati e liberi? Ma veramente queste cose non stanno così, non stanno così assolutamente. Un’osteria infatti è meno rispettabile delle corte del re, e la Sinagoga è ancora meno onorabile di qualunque osteria. Infatti non è semplicemente l’abitazione dei ladri o dei tavernieri, è l’abitazione dei demoni; anzi non solo la Sinagoga, ma le stesse anime dei giudei. Il che tenterò di dimostrare nell’epilogo dell’omelia. Vi prego pertanto di ricordare l’essenziale di questa questione. Infatti non per esibizione, né per applausi parliamo, ma per curare le vostre anime. Perché quale scusa vi resta se in così grande abbondanza di medici molti sono ammalati? Dodici erano gli Apostoli e convertirono il mondo; la maggior parte della città è cristiana, e ancora qualcuno è tormentato dal male del giudaismo. E noi che siamo sani quale scusa useremo? Certo i malati sono colpevoli, ma neppure noi manchiamo di colpa perché li lasciamo al loro male. Se godessero delle nostre attente cure, difficilmente continuerebbero ad essere infermi. Per la qual cosa vi premetto fin d’ora: ognuno attiri a sé un fratello, anche se è necessario opporsi, anche se si debba farlo con la forza, anche con contumelie e dispute: smuovete la pietra perché si liberi dal laccio del diavolo e rompa il legame con coloro che consegnarono Cristo perché fosse messo a morte.
Se vedessi nella piazza qualcuno condotto al supplizio, giustamente condannato, e tu potessi strapparlo dalle mani del carnefice, forse che non faresti quanto puoi per portarlo via? Ora vedendo un tuo fratello trascinato ingiustamente e contro il volere divino, non dal carnefice, ma dal diavolo nel baratro della perdizione, ti rifiuti di fare lo sforzo col quale lo libereresti dal legame dell’iniquità. E come potrai essere degno di indulgenza? “Ma è più forte e robusto di me”, voi dite. Ebbene mostratemelo: se ostinatamente rimarrà nel suo proposito, affronterò un pericolo mortale piuttosto che sopportare che egli entri nel vestibolo del tempio. Infatti cosa hai in comune con la libera e celeste Gerusalemme, o cristiano giudaizzante? Hai preferito la Gerusalemme terrestre. Sii schiavo con lei: infatti essa è schiava con i suoi figli, come dicono le parole dell’Apostolo (Gal. IV, 25). Digiuni con i giudei? Allora togliti con loro anche le scarpe e a piedi nudi cammina sulla pubblica piazza, partecipe dei loro comportamenti indecorosi e ridicoli. Ma tu non oseresti fare questi gesti, ti vergogneresti e arrossiresti. Certo è vergognoso comportarsi come loro, al contrario non arrossisci ad essere compagno della loro empietà. Che indulgenza chiederai se sei cristiano a metà? Credetemi, metterò in pericolo la mia vita prima di abbandonare qualcuno oppresso da questo male, se ne verrò a conoscenza! Altrimenti, se non ne verrò a conoscenza, che Dio lo perdoni! Ognuno di voi ripeta a sé stesso queste riflessioni e non stimi ciò cosa da poco e da farsi occasionalmente. Non siete stati attenti a quanto dice ad alta voce il Diacono nei Sacri Misteri? “Riconoscetevi gli uni gli altri” dandovi la facoltà di scoprire con diligenza i fratelli. Fate la stessa cosa con i giudaizzanti. Se conoscerai qualcuno che è favorevole ai Giudei, fermalo, denuncialo, affinchè tu non sia esposto allo stesso pericolo. Infatti negli accampamenti militari, se un soldato è scoperto come complice dei barbari o dei persiani, non mette in pericolo soltanto la sua vita, ma anche quella di chi, conscio di ciò, non ne informa il comandante dell’esercito. Allora siccome voi siete l’esercito di Cristo, ricercate diligentemente e accuratamente se mai qualche straniero si è mescolato a voi, e riferitene il nome, non perché lo si uccida (come avrebbero fatto quelli), né per infliggergli un castigo o un supplizio, ma perché si possa liberarlo dall’errore e dall’empietà e ricondurlo a noi pentito.
Se non vorrete fare questo, se scientemente lo nasconderete, anche voi, lo sapete bene, subirete la stessa pena esattamente come lui. Paolo infatti punisce con pena e castigo non solo coloro che compiono azioni malvagie, ma anche coloro che li approvano (Rom. I, 32). E pure il Profeta condanna alla stessa pena e per la stessa colpa non soltanto i ladri, ma anche quelli che fuggono con loro (Salmo IL, 18). Perché veramente colui che, consapevole, nasconde e protegge la colpa di un altro, favorisce la sua viltà e gli dà maggior sicurezza nel commettere il male.
Ma torniamo di nuovo ai malati. Riflettete dunque con chi hanno rapporto coloro che digiunano adesso: con quelli che gridarono: “CrocifiggeteloCrocifiggetelo“, con coloro che dicevano “Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli” (Mt. XXVII, 23-25). Se fossero dei rei condannati per aver aspirato alla tirannide, osereste avvicinarvi e conversare con loro? Non lo credo. Non è allora assurdo fuggire con tanta cura quelli che peccarono contro l’uomo, e invece stringere rapporti con quelli che oltraggiarono Dio stesso? E adorando il Crocifisso, far festa con quelli che lo inchiodarono alla croce? Questa non è soltanto stupidità, ma estrema pazzia. Inoltre poiché alcuni giudicano che la Sinagoga è un luogo venerabile, è necessario fare alcune considerazioni contro di loro. Perché venerare quel luogo che si deve disprezzare e considerare abominevole, e da cui si deve stare lontani? Tu rispondi: “La legge e i libri profetici sono qui riposti”. Cosa vuol dire? Forse che i libri conferiscono santità al luogo in cui si trovano? Giammai! Io, in verità, provo odio e avversione verso la Sinagoga. Infatti hanno i profeti e non vi credono; leggono i testi sacri e non ne accettano la testimonianza, il che è oltremodo offensivo. Ora vi chiedo: se vedeste un uomo venerabile ed illustre entrare in una bettola o in una spelonca di briganti e poi sopportare contumelie, insulti ed i peggiori maltrattamenti, forse che trovereste degne di ammirazione la bettola o la spelonca perché quell’uomo grande e illustre vi entrò e lì fu maltrattato?
Uguale è il giudizio sulla Sinagoga. Infatti han preso con sé Mosè e i Profeti ma non per onorarli bensì per trattarli con infamia e disprezzo, negando che essi abbiano conosciuto Cristo e che abbiano detto qualcosa della sua venuta. Qual maggiore oltraggio potrebbero fare a quei santi accusandoli di aver ignorato il loro stesso Dio e affermando che sono stati loro compagni nell’empietà? Per questo motivo odiamo ancora di più la Sinagoga e i Giudei, perché trattano con furore i Profeti. Ma perché parlo di libri e di luoghi? Nel tempo delle persecuzioni i carnefici afferrano i martiri, lacerano e dilaniano con la frusta i loro corpi: diverranno dunque sante le mani di quelli che toccarono i corpi dei martiri? Niente di tutto questo. Rimangono empie perché li toccarono con animo empio; e i Giudei, che trattano con ingiuria gli scritti dei santi allo stesso modo dei carnefici, diventeranno per questo venerabili? Forse che questo non sarebbe il massimo della pazzia? Se è impossibile infatti che diventino santi coloro che tennero i corpi dei martiri con empietà, anzi per questo sono ancor più abominevoli, a maggior ragione gli scritti letti con incredulità non potranno mai essere di giovamento a chi li legge. Ci convince della grande empietà dei Giudei il fatto che conservano i libri con l’intento di disprezzarli. La loro colpa non sarebbe tanto grave se non possedessero i libri dei Profeti, e sarebbero meno impuri e abominevoli se non li leggessero; essi non hanno diritto ad alcun perdono, perché possedendo gli araldi della verità resistono con ostilità sia a quelli che alla verità. Perciò la loro colpa è ancor maggiore, perché hanno i Profeti e li trattano ostilmente.Vi incito dunque a fuggirli e ad evitare le loro assemblee; il frequentarle non è di poco danno per i vostri fratelli che sono più deboli, né piccolo pretesto alla superbia dei Giudei. Poiché, se vedessero voi, gli adoratori di Cristo da essi crocifisso, ricercare e rispettare le cerimonie giudaiche, come non dovrebbero pensare che il loro comportamento è ottimo e il vostro di nessun valore, dal momento che voi, che seguite e onorate il Cristo, accorrete da loro che lo combattono? “Se qualcuno, dice l’Apostolo, vedesse te che hai la scienzaseduto a tavola in un tempio di idoliforse che la coscienza di lui che è debole non lo spingerebbe a mangiare le carni sacrificate agli idoli?” (I Cor. VIII, 10). Ma io dico, se qualcuno vedesse te che hai la scienza, andare alla Sinagoga ed assistere alle feste delle Trombe, forse che la sua coscienza, poiché è debole, non lo porterebbe all’ammirazione per le feste dei Giudei? Colui che cade non sarà punito soltanto per la sua caduta, ma sarà punito perché la cagionò anche ad altri: allo stesso modo colui che si è mostrato fermo non sarà premiato soltanto per la sua virtù ma sarà ammirato perché incitò altri allo zelo. In conclusione: fuggite le assemblee e i luoghi di riunione dei Giudei, e non venerate la Sinagoga per i libri, anzi proprio per questo abbiatela in odio e avversione. Infatti essi fanno ingiuria ai Libri Sacri perché rifiutano di prestarvi fede, e li travisano, rendendoli colpevoli di empietà. Ma affinché sappiate che i libri sacri non conferiscono alcuna santità al luogo in cui si trovano, bensì che esso è insozzato dalla condotta di coloro che vi si radunano, vi narrerò una storia del passato. Tolomeo Filadelfo, dopo aver raccolto libri provenienti da ogni parte della terra, avendo appreso che i giudei possedevano scritti che trattavano di Dio e del miglior modo di governo, fece venire degli uomini della Giudea e fece loro tradurre in lingua greca questi testi che poi ripose nel tempio di Serapide. Tolomeo Filadelfo era greco, e da allora fino ad oggi la traduzione dei libri dei profeti è stata ivi conservata. Forse che il tempio di Serapide sarà sacro perché vi si trovano questi scritti? Assolutamente no. Ma i libri possiedono una loro propria santità, che non trasmettono al luogo che li custodisce, a causa dell’empietà delle persone che vi si radunano. Si deve pensare nello stesso modo per quanto riguarda la Sinagoga. Anche se in essa non si trova alcun idolo, tuttavia vi abitano i demoni. E non parlo soltanto di questa Sinagoga qui, parlo anche di quella di Dafne, ove si trova un antro ancora peggiore, denominato antro di Matrona. Ho udito che molti fedeli vi si recano e dormono nelle vicinanze di quel luogo. Ma lungi da me il chiamare costoro fedeli. Il tempio di Matrona e quello di Apollo sono ugualmente impuri; e se qualcuno mi accuserà di eccessiva audacia, io lo accuserò a mia volta di estrema follia. Infatti rispondimi, forse che non è impuro il luogo in cui i demoni abitano, anche se non vi si trovano idoli. Dove si radunano gli assassini di Cristo, dove la Croce è scacciata via, dove Dio è bestemmiato, dove il Padre è ignorato, il Figlio ricoperto di ingiurie e la grazia dello Spirito respinta: anzi dove abitano i demoni stessi, forse che non è un luogo ancor più dannoso?
Là infatti l’empietà è scoperta e bene in vista, e non le sarà facile sedurre o ingannare le persone virtuose ed assennate: qui invece, dicono di adorare Dio, di ripudiare gli idoli, di rispettare e adorare i Profeti, mentre con le loro parole preparano trappole ed irretiscono gli imprudenti ignoranti. Per questa ragione la loro empietà è uguale a quella dei greci, ma i Giudei fanno uso di un’impostura molto più funesta. Infatti anch’essi hanno un altare perfido, non visibile, dove non immolano pecore e vitelli bensì uccidono le anime degli uomini. Insomma, se tu ammiri le abitudini dei Giudei che cosa vi è di comune tra noi? Infatti se le abitudini dei Giudei fossero venerabili e nobili, le nostre sarebbero false; se invece le nostre sono veritiere, ed in realtà lo sono, le loro saranno piene di menzogna. Non parlo delle Scritture Sacre; esse infatti mi hanno condotto come per mano fino a Cristo: parlo dell’empietà e della follia attuale dei Giudei.
Ma è ora giunto il momento di mostrare che i demoni abitano qui, non soltanto nella Sinagoga, ma negli animi stessi dei Giudei: “Lo spirito immondo – dice Cristo – dopo essere uscito da un uomo si aggira nei luoghi aridi cercando la pace, ma non trovandola esclama: ‘‘Ritornerò nella mia dimora” ed essendovi ritornato, la trova vuota, ben pulita ed ordinata. Allora riparte e prende seco sette altri spiriti più malvagi di lui e li fa entrare e l’ultima condizione dell’uomo sará peggiore della precedente. Cosi sarà anche per questo popolo” (Mt. XII, 43-45) (Lc. XI, 24-26). Vedi come nei loro animi ora dimorano demoni peggiori dei precedenti. E non è una ingiuria! Infatti allora essi peccavano contro i Profeti, oggi insultano lo stesso Signore dei Profeti. E voi dunque, ditemi: vi riunite nello stesso luogo con questi uomini indemoniati, abitati da spiriti immondi, allevati e nutriti nel sangue e nell’assassinio, e non inorridite? Invece di salutarli e anche solo di conversare con loro, non bisognerebbe piuttosto stare lontani come dalla pestilenza e da un’epidemia mortale? Non hanno forse compiuto empietà di ogni genere? Non li condannano forse tutti i profeti in lunghi e numerosi discorsi? Quali fatti tragici, quali esempi di malvagità essi non hanno eclissato con i loro sacrileghi assassinî! Hanno sacrificato ai demoni i loro figli e le loro figlie, hanno abbandonato le leggi naturali, hanno dimenticato i dolori del parto, hanno calpestato l’educazione dei figli, hanno sconvolto dalle fondamenta le leggi della consanguineità e sono stati peggiori di qualsiasi belva (Salmo CV, 37). Infatti frequentemente le belve sacrificano la vita, posponendo la propria salvezza alla difesa dei loro piccoli: costoro invece, senza essere spinti da alcuna necessità, hanno sacrificato i figli con le loro proprie mani, per onorare i nemici della nostra vita, i demoni sacrileghi. Di questo loro comportamento che cosa ci stupisce di più? L’empietà oppure la crudeltà o la loro totale mancanza di umanità? Il fatto che abbiano sacrificato i figli, oppure il fatto che li abbiano immolati ai demoni? Ma non hanno forse superato nella loro smisurata dissolutezza ed insolenza anche le peggiori belve? Udite come si esprime il Profeta a proposito della loro smodata intemperanza: “Si sono trasformati in stalloniognuno nitriva alla donna del suo prossimo” (Ger. V, 8). Non ha detto che ognuno desiderava la donna del vicino ma ha chiaramente espresso la follia dei Giudei chiamandola dissolutezza di bruti.
7 – Che altro vi dirò? Vi parlerò delle loro rapine, della loro avarizia, delle spogliazioni a danno dei poveri, dei furti, delle truffe? Non mi basterebbe una giornata intera. Ma, mi direte, le loro feste hanno in sé qualcosa di nobile e di grandioso. Eppure si sono dimostrate empie. Ascoltate il Profeta, anzi ascoltate Dio stesso, con quanta forza le detesta: “Io odiobandisco le tue feste” (Amos V, 21). Dio le odia e voi vi partecipate. Egli non ha indicato questa o quella singola festa, bensì assolutamente tutte. Non sapete che Dio odia anche il culto che viene esercitato con cembali, cetra, salterio e altri strumenti? “Allontana da me il suono dei tuoi canti” dice “non ascolterò il suono dei tuoi strumenti” (ibid. V, 22). “Allontana da me” dice Dio, e voi correte ad ascoltare le trombe? Ma questi sacrifici e queste offerte non sono forse odiose? “Se mi offrirete fior di farina lo farete invanoPer me il vostro incenso è cosa esecranda” (Is. I, 13). L’incenso è cosa esecranda e il luogo in cui viene offerto non lo è? E allora quando lo sarebbe? Prima che avessero commesso il più grande delitto, prima che avessero condannato il loro Signore, prima della Croce, prima del sacrificio di Cristo era cosa esecranda. E adesso forse non lo è molto di più? In verità che cosa vi è di più profumato del fumo dell’incenso? Ma Dio non guarda alla natura dei sacrifici offerti, bensì all’animo di coloro che li offrono, e secondo la loro intenzione misura l’entità delle offerte. Egli ha rivolto la sua attenzione ad Abele ed ai suoi doni: ha visto Caino e ha respinto i suoi sacrifici. Infatti è detto: “Non ha rivolto la sua attenzione a Caino ed alla sua offerta” (Gen. IV, 5). Noè offrì a Dio un sacrificio di pecore, vitelli ed uccelli, “ed il Signore sentì un profumo soave” dice la Scrittura (Gen. VIII, 21) il che significa che Dio gradì l’offerta. Infatti Dio non ha sensi perché è incorporeo. Benché dall’altare si alzi soltanto puzzo di bruciato e fumo di corpi combusti – e non vi è nulla di più sgradevole per l’odorato – Dio, affinché voi sappiate che Egli accetta o respinge i sacrifici a seconda dell’animo dell’offerente, chiama odore soave il puzzo ed il fumo, e cosa esecranda l’incenso. Questo perché lo spirito degli offerenti è ripieno di grande fetore. Vi farà piacere sapere che Dio è avverso al tempio, anche quando vi sono sacrifici, musiche, feste e profumi, a causa delle persone che vi entrano. Egli lo ha chiaramente dimostrato, prima consegnandolo nelle mani dei barbari, poi radendolo al suolo. Ed in verità, prima di distruggerlo, attraverso il Profeta dice: “Non fidatevi delle parole dei bugiardi perchè non vi saranno utili quando dicono: “E’ il tempio di DioE’ il tempio di Dio!”” (Ger. VII, 4). Infatti non è il tempio che santifica coloro che vi entrano, sono invece quelli che vi entrano che lo rendono un luogo sacro. Se il Tempio non serviva allora, quando i Cherubini e l’Arca erano lì presenti, tanto meno servirà ora che sono stati portati via, dopo che Dio ha distolto lo sguardo dai Giudei e è il motivo della Sua avversione è ancora più grave. Quale follia, quale demenza sarebbe partecipare alle feste di uomini bollati di infamia, che si sono allontanati da Dio, che hanno provocato l’ira del Signore! Ditemi, potreste sostenere la vista di uno che avesse ucciso vostro figlio? Lo stareste ad ascoltare? O non fuggireste lontano come se fosse il diavolo in persona? I Giudei hanno ammazzato il figlio del vostro Signore e voi osate andare insieme a loro, nello stesso luogo? Colui che è stato da loro ucciso vi ha fatto un così grande onore, elevandovi alla condizione di fratelli e di coeredi e voi lo disonorate a tal punto che frequentate i suoi assassini, che lo hanno crocifisso, partecipate alle loro feste, vi recate nei loro luoghi sacrileghi, entrate negli edifici empi e partecipate alla mensa dei demoni. È la morte che essi hanno inflitto a Dio che mi induce a chiamare così il digiuno degli ebrei. Per quale ragione non si dovrebbero chiamare servi dei demoni coloro che agiscono in modo del tutto contrario al volere di Dio? Vi aspettate forse un sollievo dai demoni? Quando, col permesso di Cristo i demoni entrarono nel corpo dei porci, li buttarono subito in mare (Mt. VIII, 31 segg); forse che risparmieranno i corpi degli uomini? Volesse il cielo che non uccidessero, e che non tendessero agguati! Hanno cacciato via dal Paradiso gli uomini, li hanno privati della gloria celeste, e ne rispetteranno i corpi? È ridicolo, sono false dicerie! I demoni sanno tendere insidie e recar danno, ma non portare aiuto: non hanno alcun riguardo per l’anima e l’avranno per il corpo? Tentano di cacciarci dal regno dei cieli e vorranno liberarci dai mali? Non avete udito il Profeta dire, anzi Dio stesso dirlo per mezzo del Profeta, che essi non possono farci né del bene né del male? E ammesso pure che essi possano e vogliano recare aiuto, il che non può essere, non bisogna esporsi al pericolo delle pene eterne per un piccolo guadagno di breve durata. Curerai il corpo per perdere l’anima? Il tuo scambio non è vantaggioso, irriti Dio creatore del corpo, e chiedi aiuto a chi ti tende insidie. Forse che con questo ragionamento, conoscendo la scienza medica, qualsiasi persona superstiziosa vi potrebbe indurre ad adorare, senza aver nulla in cambio, gli dei di altre genti? Infatti spesso anche i pagani hanno curato le malattie a modo loro ed hanno guarito dei malati. E ci faremo per questo partecipi della loro empietà? Lungi da noi! Ascolta quello che Mosè dice ai Giudei: “Se in mezzo a voi si alza un profeta o una persona che dormendo ha fatto un sogno, e vi predice un evento o un prodigio, e se questo evento o questo prodigio si verificano, e se allora colui vi dice: “Andiamo a servire gli dei stranieri che erano sconosciuti ai nostri padri”, non ubbidite alle parole di quel sognatore” (DeutXIII1)Il significato di queste parole è che se un profeta si alza e compie un atto prodigioso, come resuscitare un morto, o guarire un lebbroso o sanare uno storpio, e dopo aver compiuta questa azione straordinaria ti invita all’empietà, tu non dovrai obbedire solo per il fatto che si è verificato il prodigio. Perché? “Il tuo Dio ti metterà alla prova per vedere se tu lo ami con tutto il tuo cuorecon tutta la tua anima” (Deut. XIII, 3). Da quanto ho detto appare evidente che i demoni non guariscono. Ché, se qualche volta, col permesso di Dio guariscono come fanno gli uomini, questo permesso è concesso per metterti alla prova; non perché Dio non sappia come tu sei, ma perché tu impari a cacciar via quei demoni che guariscono. Ma che dirò delle cure del corpo? Se qualcuno ti minacciasse dell’inferno se non rinneghi Cristo, forse che tu lo ascolteresti? Se uno ti promette un regno purché tu abbandoni il figlio unico di Dio, voltagli le spalle, respingilo e detestalo; sii fedele discepolo di Paolo e ripeti le parole che ha pronunciato quel beato e generoso Apostolo a gran voce: “Sono sicuro che  la morte la vita gli angeli i principati le virtù le cose presenti, né le cose future, né l’altitudine, né la profondità, né alcuna creatura potrà separarci dalla carità divina che è in Gesù Cristo Nostro Signore” (Rom. VIII, 38-39). Né gli Angeli, né le virtù, né le cose presenti, né le cose future, nessun’altra creatura può separare l’Apostolo dalla carità di Cristo e tu te ne allontani per la salute del corpo? Che indulgenza si potrà mai sperare?Giustamente noi temiamo Cristo più della geenna e Lo preferiamo ad un regno. Supponiamo di ammalarci: è meglio che rimaniamo preda della malattia piuttosto che, per liberarcene, cadere nell’empietà. Se il demone ci guarisce, la sua guarigione nuocerebbe più che giovarci. Infatti avrà recato sollievo al nostro corpo che comunque poco dopo dovrà morire e marcire, mentre avrà danneggiata l’anima immortale. I demoni ci promettono la salute del corpo, mentre portano alla completa rovina la salute dell’anima, proprio come fanno i rapitori che promettono ai bambini dolciumi, focacce, dadi per giocare ed altri simili doni e dopo averli adescati li privano della libertà e della vita stessa.
Ebbene, miei cari, non tolleriamo questo, ma cerchiamo in ogni maniera di liberarci dall’empietà. Forse che Giobbe non avrebbe potuto lasciarsi convincere da sua moglie a bestemmiare Dio e liberarsi così dal male che lo affliggeva? “Pronuncia una parola contro Dio e morirai” (Giob. II, 9) gli diceva, ma egli preferì essere preda di tormenti e dolori e sopportare quelle terribili piaghe piuttosto che bestemmiare e liberarsi così dei mali che lo affliggevano. Devi imitare Giobbe anche se il demonio ti promette di guarirti per sempre dai mali che ti affliggono, non credergli e non ascoltarlo, proprio come ha fatto quel giusto che non si è lasciato persuadere dalla moglie. Sopporta con fermezza i tuoi mali piuttosto che annullare la tua fede ed annientare la salvezza della tua anima. Dio non ti abbandona, ma spesso colpisce il corpo con una infermità per darti maggior merito. Sopporta dunque per sentirti dire anche tu: “Perché credi che io ti abbia rivelato il mio responso se non perché tu ti dimostri giusto?” (Giob. XL, 8).
Mi sarebbe possibile dire ancora molto su questi argomenti: ma affinché le considerazioni che avete udite non siano dimenticate, terminerò questa orazione con le parole già pronunziate da Mosè: “Prendo testimoni contro di voi il cielo e la terra” (Deut. XXX, 19). Se qualcuno di voi andrà alla festa delle Trombe o si recherà alla Sinagoga o salirà al tempio di Matrona o parteciperà ai loro digiuni o al loro Sabato, o osserverà un qualsiasi rito giudaico, io almeno sarò innocente del sangue di tutti voi. Queste parole saranno presenti a me e a voi nel gran giorno di Nostro Signor Gesù Cristo: se voi obbedirete aumenteranno molto la vostra fiducia; se non obbedirete od oserete tenere nascosti tali misfatti, queste parole vi accuseranno aspramente. “Non evitai alcunché per farvi conoscere i disegni del Signore” (Atti XX, 27; Mt. XXV, 27). Ora io ho consegnato il denaro nelle mani del banchiere, tocca a voi farlo fruttare e far crescere il patrimonio ed adoperare il frutto dei sermoni per la salvezza dei vostri fratelli. “Ma non è spiacevole e odioso denunciare chi è caduto in quei peccati?”. Altrettanto lo è il tacere. Infatti questo silenzio porterà danno tanto a voi che li coprite come a quelli che restano nascosti, poiché ci rende nemico il Signore! Non è meglio renderci odiosi ai nostri fratelli per la loro salvezza, piuttosto che suscitare contro di noi l’ira di Dio? Infatti nessuno di loro, benché indignato, potrà recarci danno, anzi alla fine ci ringrazierà per la medicina; mentre se taceremo e gli nasconderemo il male per amore di amicizia, causando la sua rovina, Dio ci punirà severamente.
Dunque tacendo ti rendi Dio nemico e nuoci al fratello, al contrario, denunziandolo e rendendolo noto, avrai Dio propizio e gioverai al fratello; mentre prima era furibondo, te lo farai amico, e ammaestrato dall’esperienza comprenderà che gli hai fatto del bene. Non pensate di fare un regalo ai vostri fratelli se vedendo il loro comportamento assurdo non li biasimate con tutte le vostre forze. Se ti avessero rubato una veste, forse che non considereresti ugualmente nemici tanto il ladro quanto colui che sapendo del furto non lo svela? La Chiesa, nostra Madre, non ha perso una veste soltanto ma un fratello, che il diavolo ha rapito di nascosto e trattiene nel giudaismo. Ma come? Tu conosci il rapitore, conosci la vittima, mi vedi far risplendere la dottrina come una fiaccola e cercarlo ovunque con dolore, e tu te ne stai zitto e non riveli nulla? Per te, quale indulgenza può esservi? Forse che la Chiesa non dovrà considerarti come un grande nemico, e giudicarti avversario e traditore?
In verità non avvenga mai che qualcuno di quelli che ascoltano questi consigli cada in tale colpa e tradisca un fratello per il quale Cristo è morto. Cristo versò per lui il suo sangue e tu non hai il coraggio di dire per lui una parola? Vi esorto a non esitare, ma appena usciti affrettatevi a questa cattura delle anime e ognuno di voi mi porti un malato. Può essere, al contrario, che non vi siano tanti uomini affetti da questo male, allora due o tre di voi o anche dieci o venti, ne portino uno, di modo che quel giorno visto nella rete il pesce pescato, io vi offra una più lauta mensa. Infatti quando avrò visto attuato il consiglio che vi ho dato, mi prenderò cura di loro con animo ancor più ardente, e tanto voi che loro ne trarrete grande vantaggio. Dunque non trascurate questo consiglio, ma le donne cerchino le donne, agli uomini il compito di conquistare gli uomini, ai servi i servi, ai liberi i liberi, ai fanciulli i fanciulli; ognuno infine con ogni cura cerchi di attirare quelli che sono corrotti dal male. Venite così alla prossima riunione, al fine di ricevere le nostre lodi, ma più che per i nostri rallegramenti per ottenere da Dio molta e ineffabile ricompensa, che vale molto di più delle fatiche. Voglia il Cielo che tutti la otteniamo per la grazia e la carità di Nostro Signor Gesù Cristo per il quale e con il quale sia gloria al Padre unitamente allo Spirito Santo, ora e sempre nei secoli dei secoli. Così sia.

martedì 3 marzo 2020

Corso di Liturgia Pastorale siamo alla IV Dispensa


Corso di Liturgia Pastorale 
siamo alla IV Dispensa


L'Accademia Ortodossa San Nicodemo l'Aghiorita e la Chiesa Ortodossa Italiana hanno promosso un  Corso di Liturgia Pastorale che consisterà nell'invio di dispense via pdf più materiale cartaceo.
Al termine del percorso formativo, oltre che un Diploma di partecipazione  i partecipanti, potranno (ve vogliono) accedere  all’ordine sacro del  Diaconato .

Per partecipare è necessario sottoscrivere e rimandare l'allegato modulo ed effettuare un versamento volontario (secondo le proprie disponibilità economiche) a favore della Chiesa Ortodossa Italiana sul conto:

Conto Corrente Bancario: UNICREDIT BANCA - C.C.B. 103887904 - intestato a  Chiesa Ortodossa Italiana IBAN:  IT59H0200805218000103887904 
Casuale: Contributo Corso Liturgia Pastorale.

Il contributo è richiesto per  permetterci di stampare il materiale didattico ed i libri per la liturgia da fornire ai partecipanti al corso.

Non appena pervenuta la richiesta di iscrizione  verranno inoltrate le Prime Quattro Lezioni del del Corso, comprendenti:

Lezione n. 1  

- Il Canone della Chiesa Ortodossa Italiana  
- La septuginta  
- Giuriurisdizione Canonica e Organizzazione Periferica della Chiesa Ortodossa Italiana 
- Lezione sul Padre Nostro 

Lezione n. 2 

- Il Clero e gli Ordini Sacri I Chierici (Clero – Ordini Sacri – Incardinazione -  Episcopato – Presbiterato) – i vescovi possono sposarsi? – Lettera di San Paolo Apostolo a Timoteo – Significato di alcune parole usate nella lezione  
-Il Diaconato e gli ordini minori  Diaconato – intervista sul Diaconato femminile – Ipodiaconato – Lettorato – Cantore - Accolito 
I collaboratori del sacerdote  I collaboratori del sacerdote – il catechista – il sacrestano  + I Lettera di Clemente e Epistola di Barnaba

Lezione n. 3 

Elezione e nomina dei membri del Clero  
Dovere dei Chierici 
Escardinazione 
Perdita dello Stato Clericale Reductio ad statum laicalem 
Dei diritti e delle pene La legge ecclesiastica – Obblighi e diritti dei fedeli – Le Sanzioni ecclesiastiche - Delitti  contro la fede, l’unità, la libertà e l’autorità della Chiesa 
– Delitti ecclesiastici specifici Sul matrimonio del Clero Se i Vescovi sono i successori degli Apostoli  perché Gesù li scelse prevalentemente tra gli uomini sposati – gli Apostoli

Lezione n. 4 

- Le Liturgie Nuovo Testamento - Tradizioni 
L'Ortodossia Occidentale I Riti Occidentali 
La Liturgia nella Chiesa Apostolica 
La Liturgia - Storia delle Origini  
Divina Liturgia in Rito Gallicano Italico



dott. prof. mons. Filippo Ortenzi
 Rettore Accademia Ortodossa San Nicodemo L’Aghiorita
tel. +39 0621119875b – cell. +39 3917065512
                           











sabato 15 febbraio 2020

Parabola del Seminatore

Parabola del Seminatore
Icona del Cristo seminatore

La Parabola del Seminatore è una delle più note parabole di Gesù, in quanto presente su ben tre dei quattro Vangeli canonici, e nello specifico nei vangeli sinottici di Matteo (13,1-9 e 18-33) - Marco (4-1-20)  Luca (8,5-15). E' indirettamente citata dall'Apostolo Paolo nella lettera ai Corinti (1 Corinti 3,9-11) nonché in un Vangelo apocrifo, quello di Tommaso (Tommaso,9). In quest'ultimo la parabola è espressa in modo più sintetico:

Vangelo Tommaso,9
9. Gesù disse, “Vedete, il seminatore uscì, prese una manciata e seminò. Alcuni semi caddero sulla strada, e gli uccelli vennero a raccoglierli. Altri caddero sulla pietra, e non misero radici e non produssero spighe. Altri caddero sulle spine, e i semi soffocarono e furono mangiati dai vermi. E altri caddero sulla terra buona, e produssero un buon raccolto, che diede il sessanta per uno e il centoventi per uno.”

In fondo pubblicheremo per esteso quanto scritto nei Vangeli ed anche da San Paolo che, pur non citando la parabola ad essa esplicitamente, a nostro modesto parere, si ricollega nella prima lettera ai Corinti. Evito comunque di fare un'esegesi della stessa in quanto credo che, in modo esaustivo, la stessa sia stata fatta dal nostro Padre tra i Santi, Giovanni Crisostomo al quale è stata intitolata la nostra piccola realtà accademica.

dott. prof. mons. Filippo Ortenzi

 Rettore Università  Ortodossa San Giovanni Crisostomo
tel. +39 0621119875b – cell. +39 3917065512

Omelia di San Giovanni Crisostomo 
sulla parabola del Seminatore

Nella parabola del seminatore, il Cristo ci mostra che la sua parola si rivolge a tutti indistintamente. Come, infatti, il seminatore (del Vangelo) non fa distinzione tra i terreni, ma semina in tutte le direzioni, così il Signore non distingue tra il ricco e il povero, il saggio e lo sciocco, il negligente e l'impegnato, il coraggioso e il pavido, ma si indirizza a tutti e, nonostante che egli conosca l'avvenire, da parte sua pone in opera tutto, sì da poter dire: Che avrei dovuto far di più, non l'ho fatto? (Is. 5, 4).
Il Signore racconta questa parabola per incoraggiare i suoi discepoli ed educarli a non lasciarsi deprimere, anche se coloro che accolgono la Parola sono meno numerosi di quelli che la sperperano. Così avveniva per il Maestro stesso che, nonostante la sua conoscenza del futuro, non desisteva dallo sparger la semente. Ma, si dirà, perché mai buttarla tra i rovi, tra le pietre o sulla strada? Se si trattasse di una semente e d'un terreno materiali, sarebbe insensato; ma allorché si tratta di anime e della dottrina, l'operato è degno di approvazione. Giustamente si riprenderebbe il coltivatore che si comportasse in tal modo: la pietra non saprebbe farsi terra, la strada non può esser che strada e le spine, spine. Ma nella sfera spirituale non avviene lo stesso: la pietra può divenir terra fertile, la strada può non esser più calpestata dai passanti e divenir campo fecondo, le spine possono esser divelte per consentire al seme di germogliare senza ostacoli. Se ciò non fosse possibile, il seminatore non avrebbe sparso la semente come ha fatto. Se la trasformazione benefica non si è sempre avverata, ciò non dipende dal seminatore, ma da coloro che non hanno voluto esser trasformati. Il seminato re ha adempiuto il suo dovere, ma se si è sprecato ciò ch'egli ha dato, il responsabile non è certo l'autore di tanto beneficio...
Non prendiamocela pertanto con le cose in sé, ma con la corruzione della nostra volontà. Si può esser ricchi e non lasciarsi sedurre dalle ricchezze, viver nel secolo e non lasciarsi soffocare dagli affanni. Il Signore non vuoi gettarci nella disperazione, bensì offrirci una speranza di conversione e dimostrarci che è possibile passare dalle condizioni precedenti a quella della buona terra.
Ma se la terra è buona, se il seminatore è il medesimo, se le sementi sono le stesse, perché uno ha dato cento, un altro sessanta e un altro trenta? La qualità del terreno è il principio della differenza. Non è né il coltivatore né la semente, bensì la terra in cui è accolta. Conseguentemente, la responsabile è la nostra volontà, non la nostra natura. Quanto immenso è l'amore di Dio per gli uomini! Invece di esigere identica misura di virtù, egli accoglie i primi, non respinge i secondi e offre un posto ai terzi. Il Signore dà questo esempio per evitare a coloro che lo seguono di creder che, per essere salvi, basti ascoltare le sue parole... No, ciò non è sufficiente per la nostra salvezza Bisogna anzitutto ascoltare con attenzione la parola e custodirla fedelmente nella memoria. Quindi occorre alienarsi con coraggio per metterla in pratica.

San Giovanni Crisostomo


Dai Vangeli sinottici

Matteo 13,1-9

il seminatore e i diversi terreni
1 In quel giorno Gesù, uscito di casa, si mise a sedere presso il mare; 2 e una grande folla si radunò intorno a lui; cosicché egli, salito su una barca, vi sedette; e tutta la folla stava sulla riva. 3 Egli insegnò loro molte cose in parabole, dicendo:«Il seminatore uscì a seminare. 4 Mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada; gli uccelli vennero e la mangiarono. 5 Un'altra cadde in luoghi rocciosi dove non aveva molta terra; e subito spuntò, perché non aveva terreno profondo; 6 ma, levatosi il sole, fu bruciata; e, non avendo radice, inaridì. 7 Un'altra cadde tra le spine; e le spine crebbero e la soffocarono. 8 Un'altra cadde nella buona terra e portò frutto, dando il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9 Chi ha orecchi oda».
Matteo 13,18-23
Spiegazione della parabola del seminatore
18 «Voi dunque ascoltate che cosa significhi la parabola del seminatore! 19 Tutte le volte che uno ode la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e porta via quello che è stato seminato nel cuore di lui: questi è colui che ha ricevuto il seme lungo la strada. 20 Quello che ha ricevuto il seme in luoghi rocciosi, è colui che ode la parola e subito la riceve con gioia, 21 però non ha radice in sé ed è di corta durata; e quando giunge la tribolazione o persecuzione a motivo della parola, è subito sviato. 22 Quello che ha ricevuto il seme tra le spine è colui che ode la parola; poi gli impegni mondani e l'inganno delle ricchezze soffocano la parola che rimane infruttuosa. 23 Ma quello che ha ricevuto il seme in terra buona è colui che ode la parola e la comprende; egli porta del frutto e, così, l'uno rende il cento, l'altro il sessanta e l'altro il trenta».

 Marco 4,1-20

Parabola del seminatore
1 Poi prese di nuovo ad insegnare in riva al mare; e una gran folla si radunò intorno a lui, tanto che egli, salito su una barca, vi sedeva stando in mare, mentre l'intera folla era a terra lungo la riva. 2 Ed egli insegnava loro molte cose in parabole, e diceva loro nel suo insegnamento: 3 «Ascoltate! Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4 Or avvenne che mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada e gli uccelli del cielo vennero e la mangiarono. 5 Un'altra cadde in luoghi rocciosi dove non c'era molta terra e subito spuntò, perché non c'era un terreno profondo. 6 Ma quando si levò il sole fu riarsa; e poiché non aveva radice si seccò. 7 Un'altra cadde tra le spine; le spine crebbero, la soffocarono e non diede frutto. 8 Un'altra cadde in buona terra e portò frutto che crebbe, e si sviluppò tanto da rendere l'uno trenta, l'altro sessanta e l'altro cento». 9 Poi egli disse loro: «Chi ha orecchi da udire, oda!». 10 Ora, quando egli fu solo, coloro che gli stavano attorno con i dodici lo interrogarono sulla parabola. 11 Ed egli disse loro: «A voi è dato di conoscere il mistero del regno di Dio; ma a coloro che sono di fuori tutte queste cose si propongono in parabole, 12 affinché: "Vedendo, vedano ma non intendano; udendo, odano ma non comprendano, che talora non si convertano e i peccati non siano loro perdonati"». 13 Poi disse loro: «Non comprendete questa parabola? E come comprenderete tutte le altre parabole? 14 Il seminatore è colui che semina la parola. 15 Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la parola; ma dopo che l'hanno udita, subito viene Satana e porta via la parola seminata nei loro cuori. 16 Parimenti quelli che ricevono il seme su un suolo roccioso sono coloro che, quando hanno udita la parola, subito la ricevono con gioia; 17 ma non hanno in sé radice e sono di corta durata; e, quando sopravviene la tribolazione o la persecuzione a causa della parola, sono subito scandalizzati. 18 Quelli invece che ricevono il seme fra le spine, sono coloro che odono la parola; 19 ma le sollecitudini di questo mondo, l'inganno delle ricchezze e le cupidigie delle altre cose, che sopravvengono, soffocano la parola e questa rimane infruttuosa. 20 Ma quelli che hanno ricevuto il seme in buon terreno, sono coloro che odono la parola, la ricevono e portano frutto, chi il trenta, chi il sessanta e chi il cento».

 

Luca 8,5-15

5 «Il seminatore uscì a seminare la sua semenza; e, mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada: fu calpestato e gli uccelli del cielo lo mangiarono. 6 Un'altra cadde sulla roccia: appena fu germogliato seccò, perché non aveva umidità. 7 Un'altra cadde in mezzo alle spine: le spine, crescendo insieme con esso, lo soffocarono. 8 Un'altra parte cadde in un buon terreno: quando fu germogliato, produsse il cento per uno». Dicendo queste cose, esclamava: «Chi ha orecchi per udire oda!»9 I suoi discepoli gli domandarono che cosa volesse dire questa parabola. 10 Ed egli disse: «A voi è dato di conoscere i misteri del regno di Dio; ma agli altri se ne parla in parabole, affinché vedendo non vedano, e udendo non comprendano. 11 Or questo è il significato della parabola: il seme è la parola di Dio. 12 Quelli lungo la strada sono coloro che ascoltano, ma poi viene il diavolo e porta via la parola dal loro cuore, affinché non credano e non siano salvati. 13 Quelli sulla roccia sono coloro i quali, quando ascoltano la parola, la ricevono con gioia; ma costoro non hanno radice, credono per un certo tempo ma, quando viene la prova, si tirano indietro. 14 Quello che è caduto tra le spine sono coloro che ascoltano, ma se ne vanno e restano soffocati dalle preoccupazioni, dalle ricchezze e dai piaceri della vita, e non arrivano a maturità. 15 E quello che è caduto in un buon terreno sono coloro i quali, dopo aver udito la parola, la ritengono in un cuore onesto e buono, e portano frutto con perseveranza.

Dalle lettere di San Paolo Apostolo

1 Corinzi 3:9-11 


Noi siamo infatti collaboratori di Dio; voi siete il campo di Dio, l'edificio di Dio.
10 Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come savio architetto io ho posto il fondamento, ed altri vi costruisce sopra; ora ciascuno stia attento come vi costruisce sopra
11 perché nessuno può porre altro fondamento diverso da quello che è stato posto, cioè Gesú Cristo.


venerdì 14 febbraio 2020

Corso di Diritto Canonico


Corso di
Diritto Canonico

La nostra Chiesa ha organizzato un corso di Diritto Canonico riservato ai membri del clero, sia maggiore: sacerdoti e diaconi, che  minore: lettori, accoliti, cantori, ipodiaconi della Chiesa Ortodossa Italiana, compreso quello  proveniente da altre giurisdizioni ecclesiali (cattoliche, vetero-cattoliche, evangeliche od altre) che desiderano aderire alla nostra giurisdizione canonica.
Eccezionalmente il corso è aperto anche a laici laureati in materie giuridiche (Giurisprudenza, Scienze Giuridiche ecc.) che vogliono approfondire la dottrina ortodossa in materia matrimoniale, postulazione dei Santi ecc. per poter operare presso i Tribunali Diocesani e il Tribunale Nazionale Ecclesiastico della nostra Chiesa.
Si premette che detto corso non da alcun titolo di studio riconosciuto dal Miur ma ha unicamente valore interno alla Chiesa e permette di ottenere una attestazione di Patrono Giudiziale presso i nostri Tribunali Ecclesiastici e di postulatore per le cause di glorificazione dei Santi.
Alla fine del corso verrà rilasciato:
-         Attestato di Patrono Giudiziale presso i Tribunali Ecclesiastici della nostra Chiesa.
-         Diploma di partecipazione al Corso di Diritto Canonico della Chiesa Ortodossa Italiana.
Chi lo vorrà inoltre potrà essere ordinato Lettore (ordine minore del Clero che permette nella Divine Liturgie di effettuare la Letture dell’Apostolos e collabora con la parrocchia quale catechista)






Requisiti per accedere al Corso
di Diritto Canonico

A questi si aggiunge:
-         Avere un’età di almeno 25 anni;
-         Avere almeno un Diploma di Laurea  oppure una ordinazione a Ipodiacono o Lettore; o essere  stato ordinato Diacono, Lettore o Ipodiacono presso altre giurisdizioni ecclesiali;
-         sia uomo di fede, buoni costumi, pietà, zelo per le anime, saggezza, prudenza e virtù umane, e inoltre dotato di tutte le altre qualità che lo rendono adatto a compiere l'ufficio in questione;
-         sia irreprensibile e goda di buona reputazione;
-         se sposato sia un buon marito e padre di famiglia, con figli credenti e che non possono essere accusati di dissolutezza o siano insubordinati;

Abbia effettuato un contributo volontario a favore della Chiesa Ortodossa Italiana sul Conto Corrente Bancario:
UNICREDIT BANCA - C.C.B. 103887904
intestato a  Chiesa Ortodossa Italiana

IBAN:  IT59H0200805218000103887904
Oggetto: Contributo Corso Diritto Canonico.
le persone che non hanno reddito o sono in difficoltà economiche offrano quello che possono.
Il contributo è richiesto per  permetterci di stampare il materiale didattico ed i libri per la liturgia da fornire ai partecipanti al corso.


Accademia Ortodossa San Nicodemo l’Aghiorita
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Richiesta di iscrizione ai Corsi

 Richiesta di iscrizione ai Corsi Accademia Ortodossa “San Nicodemo L'Aghiorita” email: accademia.ortodossa@gmail.com () Corso Liturgia ...