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domenica 18 agosto 2019

La questione del Filioque



La questione del Filioque 


      Noi Ortodossi consideriamo la dottrina latina del Filioque un errore gravissimo contro il dogma della Santissima Trinità. 
   Lo affermiamo perché l’attitudine orientale sul valore [vitale] di un dogma considera la protezione della verità di fede una questione di vita o di morte [più grande è la verità, più grande è l’ostacolo (B. Petrà)].  
     Il Filioque non è un dettaglio teologico insignificante che renderebbe inutile la controversia tra greci e latini, ma la verità che salva l’uomo oppure della falsità che imprigiona l’uomo nella menzogna e l’illusione.  
  I latini hanno elaborato questa dottrina per motivi apologetici, volendo salvaguardare la divinità del Figlio contro l’eresia ariana e semi-ariana ma andando assai oltre, rimarcando la partecipazione del Figlio alla spirazione dello Spirito Santo [subendo l’influsso di Ambrogio e Agostino].          Ciò indusse la Chiesa latina a inserire l’espressione Filioque nel simbolo/Credo. Pare che tale aggiunta risalga al V-VI secolo in Spagna, per poi diventare dogma in occasione del concilio Lateranense IV e dei concili unionisti [non riconosciuti dall’Ortodossia] di Lione e Firenze, senza tralasciare la decisione dell’Imperatore Federico II (1013). 
Come definire il Filioque?  
     Durante il Concilio di Lione (1274) fu dichiarato: Professiamo fedelmente e devotamente che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio, non come da due principi ma come da un solo principio, non da due spirazioni ma da una sola spirazione.
        Con queste parole si vuole stabilire la partecipazione intrinseca del Figlio all’atto mediante il quale il Padre principia e spira lo Spirito, anche se non dice molto su come questo si realizzi. 
          Noi Ortodossi rigettiamo questo insegnamento, contrari fin dall’inizio sebbene non sempre esprimendoci con durezza [Massimo il Confessore (VII secolo) si espresse irenicamente sull’argomento] per due ragioni:  
1. Teologicamente, rileviamo come tale aggiunta modifichi l’equilibrio trinitario, perché la spirazione dello Spirito Santo non è più la proprietà della persona del Padre, ma la proprietà della natura, essendo la spirazione comune del Padre e del Figlio [la teologia trinitaria distingue adeguatamente soltanto le persone (la differenza) e la natura (l’unità o comunanza), ne consegue che le proprietà possono essere di due tipi: o proprie della persona in quanto tale (del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo) o proprie della natura (e dunque comuni)]. Se il Filioque fosse vero ciò significherebbe che lo Spirito Santo spira sé stesso con il Padre e il Figlio OPPURE che lo Spirito Santo non possiede una proprietà che invece hanno in comune il Padre e il Figlio, e dunque viene collocato in una posizione inferiore. Il Patriarca Fozio (seconda metà del IX secolo) ha sistematizzato gli argomenti contro il Filioque e rilevò come l’errore latino nascerebbe dal fatto che si passa in modo immediato dall’economia alla teologia, ovvero dalla modalità temporale della donazione dello Spirito [Gesù lo effonde] all’origine dello Spirito [nell’ambito interno della Trinità]. Riteniamo che i latini vedano lo Spirito Santo come spirato [effuso] dal Figlio dopo la sua risurrezione, e ciò sarebbe inclusione indebita perché il piano della manifestazione delle persone divine nella storia e quello della vita intima della Trinità sono diversi e non sovrapponibili. 
2. Ecclesiologicamente, l’aggiunta del Filioque al simbolo niceno-costantinopolitano è stata un’iniziativa unilaterale da parte latina, la quale s’attribuì l’autorità di andare contro il dettato conciliare che proibiva esplicitamente di aggiungere oppure togliere alcunché dalla professione di fede stabilita dai padri riuniti in concilio [Il simbolo esprime la fede dei padri, e correggerlo significa violarla distaccandosi da essa]. 

Marco Soranno 


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